CORALE: SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEPORANEA
Poeta: MARGHERITA ADDUCI
da "A mio nonno" di Margherita Adduci, in "Le cantate della sacra donnaccia", (Albatros 2009)
A MIO NONNO
Il tuo corpo raggrinzito
e tremi nel camminare
tremi
e gli occhi sereni
e le tue infinite preghiere
ora sono cupi i tuoi
occhi
il tuo corpo rimpicciolisce
e la notte ti assale
e quali pensieri ti invadono?
Ti fanno tremare?
Dormi dove dormiva
lei la mamma bella
che tanto si lamentava,
austera
dava i suoi
mille ordini
ma era la tua mamma bella
e le sue lamentele
erano docili
per le tue orecchie
ora chi ti sgrida
intasca moneta
per farti addormentare.
Io vago con i pensieri
e nelle notti
sai corro come una pazza
in cerca chissà di cosa
ma li ricordo
bene i tuoi occhi sereni
così chiari;
è semplice il tuo vivere,
è così nobile da stupirmi
come un albero
che vede le sue foglie
staccarsi.
Ti amo fortemente
e prego fortemente
che tu abbia pace
in te.
I miei mille crucci
di carne
giovane
si dissolvono nella notte
per un solo bacio
vero
che ho riversato sulle tue guance
screpolate.
NOTA DI LETTURA
Per il poeta le parole sono semi, e le poesie gli alberi che riescono al nascere da questi semi di parole; e con questi semi il poeta è capace di evocare intere generazioni, e di tramandarle; proprio come accade nella poesia di Margherita Adduci, che riesce, parola parola, seme seme, a tenersi alla Vita e a lasciarsi attraversare nel suo proprio raccontarsi – tutta la letteratura è racconto dell’uomo – armonico – la poesia è inevitabilmente musica per propria portanza sonora –, che ci dice cose che scopriamo solo leggendole dal poeta di sapere, che riesce a stare in piedi come un albero, che, dall’alto, guarda cadere le sue foglie.
MASSIMO RIDOLFI
ASCOLTA QUI I VERSI: https://youtu.be/P9UwbCRMYaE .