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CORALE: SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA

Poeta: DAÌTA MARTINEZ

estratto da "il rumore del latte" di Daìta Martinez, (Spazio Cultura Edizioni 2019)

 

è  bellissimo il silenzio indaffarato delle vene

il peso del nulla chiaramente s'annulla  sulla

bocca l'ombra dei gusci d'uovo  e soltanto le

finestre appena gonfie a mezz'aria belano ai

fiori innamorati tra le ciglia spente della folla

nell'unico intervallo del quadro un uomo e la

donna si scambiano il tempo in un abbraccio

 

NOTA DI LETTURA

Nella mia ormai ventennale esplorazione della poesia italiana e internazionale – anche come traduttore dall’inglese e dall’americano, passando dal celeste slang beat –, credo di non aver mai incontrato un poeta capace come Daìta Martinez di dare voce alle note fragili eppure concrete del dialetto e, nello stesso tempo, alla assoluta precisione dei suoi versi in lingua, e con eguale forza d’azione.

Tutti i grandi dialettali italiani hanno, sostanzialmente, sempre abbandonato la scrittura in lingua quando hanno sentito il materno richiamo del linguaggio originale, come a esserne stati cannibalizzati; tutti poi si sono ritrovati muti di fronte all’artificiale italiano nazionale.

E questa reazione si potrebbe spiegare con il fatto che il linguaggio dialettale è così primitivo, così legato alle cose, da cui prende forza e nomi, da rendere ogni altra lingua appunto artificiale, estremamente falsa alla resa dell’oggetto nominato nella voce, nel suono.

Qui, nella poesia della Martinez, palermitana, troviamo invece ancora un verso in lingua potente, teso, che tiene sul filo della sua scrittura pesi inimmaginabili. Ed è in grado di fare ciò sia dentro una partitura minima, contratta, estremamente affilata, perfettamente “a piombo”, che in altre più estese, ipermetriche; costruzioni sintattiche che stanno sempre dentro il perimetro della poesia senza mai sconfinare, “scadere”, nella prosa.

Per questa sua propria capacità di mescolanza linguistica di note e di suoni, Daìta Martinez riesce a tessere testi, trovando la giusta trama appunto tra lingua e dialetto, di un tessuto forte, stratificato incrociando filo su filo, perché sa, come ci insegna la Lezione di Seamus Heaney (1939 – 2013), che “Ci sono i fiori pastosi del dialetto / E i fiori di campo perfettamente intonati”, che lei sa distinguere per coglierli entrambi.

MASSIMO RIDOLFI

ASCOLTA QUI I VERSI: https://youtube.com/shorts/26LcE6Jbjwk?feature=share .