CORALE: SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEPORANEA
Poeta: GUGLIELMO APRILE
da "Fenice" di Guglielmo Aprile, in "Sinfonia del Mare" (Il Convivio Editore 2021)
FENICE
Anche gli oceani nascono e poi muoiono:
quest’argilla che scivola
dal mio palmo proviene
dal fondale delle grandi acque che erano
alle origini, e che poi ritraendosi
scoprirono una cresta
di arenaria, scheletri coagulati
strato su strato dei primi abitanti
del pianeta; e il dominio oggi di un mare
si stende dove rupi di basalto
un tempo torreggiavano, fortezze
da innumerevoli mani di lava
issate e quindi dal morso dei venti
erose e da carovane titaniche
di fiumi e di ghiacciai; ed ogni ciottolo
ha viaggiato nel tempo, ogni granello
di sabbia è testimone
di un’epopea, è la vivente prova
che nulla è stabile e dura e che il mondo
la sua danza rinnova
nel fuoco del perenne mutamento.
(“Marnes Blues”, collina di St.Jean, Provenza)
NOTA DI LETTURA
a Gaetano Capuano, poeta autentico
e con rinnovata dedica ai fratelli ischitani
Credo sia utile precisare che quando parlo di poesia “lavorata” dal poeta, non intendo certamente quell’incessante ritornare sul testo – azione insistita che può portare solo al guasto del verso, al colpo d’artificio –, o alla scelta meticolosa delle parole, anche quando tutto questo adoperarsi si credesse utile a una più esatta quadratura metrica o, peggio ancora, ritmica della partitura; no, non intendo affatto questo, perché a tale esercizio si dedica il semplice scrittore di versi, non certo il poeta autentico, che è sempre scritto dal soffio de Le occasioni, perché il verso non deve mai guastare bensì rompersi, cercando di intuire, di giunge al punto di rottura prima di tutto sintattico dell’intero componimento.
La differenza capitale tra questi due concetti e concrete figure di autore, cioè quella di semplice scrittore di versi e quella di poeta autentico, è, quindi, che il primo lavora la parola per il testo mentre il secondo è lavorato dalla parola per il testo.
Per questo il lavoro che voglio invece intendere è tutto quello che precede la Poesia, cioè tutto quello che avviene molto prima della scrittura, della manifestazione testuale della Poesia – ma potrei dire con lo stesso intento pittura, scultura o qualsiasi altra forma d’Arte –, perché, se ci fosse Poesia in quello che si è scritto – e questa incertezza è salvifica dell’autentico e del vero –, l’evento poetico sarebbe avvenuto sicuramente prima, ché nel testo non si fa altro che raccogliere la parte residuale dell’accaduto poetico, quello che davvero a pochissimi è concesso di cogliere, e che non può che essere raccolto in un soffio di parole: per questo la Poesia non esiste ma accade; per questo Dante scriveva versi e Ungaretti poesie.
È unicamente quel lavorio di ascolto e di attese a fare la Poesia e non la scrittura, e non la pittura, e non il cavare dello scultore, e non il suonare del musicista; e non la disciplina che il poeta pratica insomma, che è solo un mezzo, più o meno efficace, di trasmissione dell’accaduto poetico: questo intendo quando dico poesia “lavorata” dal poeta; anzi – mi correggo in corsa –: questo intendo quando dico poeta “lavorato” dalla Poesia.
Lavoro di ascolto e di attese quindi; attesa che ci aiuta a capire se tutto è stato attentamente ascoltato, sentito e verificato attraverso il corpo e così riconsegnato, operando con i pochi strumenti concessi: parole, segni, in qualche modo.
Per tutto questo non è del poeta autentico il lavoro sulla parola, ché “sa” scrivere solo quello che non sa di sapere, ché è miniera di scavo da parte della parola, che subisce la parola.
La Poesia non disegna o lascia mappe perché è introvabile a cercarla, perché non esiste nei modi e nei mondi conosciuti dall’uomo, fossero pure luoghi immaginari dell’uomo; e provarsi a cercarla ci si produce nel mero artificio, perdendo irreparabilmente la bussola – anche a tenerla stretta nel Pugno –, e il senno.
La Poesia è un amare che non ha bisogno del corpo.
La Poesia precede il pensiero – non è attività del pensiero – come l’Amore precede l’orgasmo.
La Poesia quindi potrebbe essere qualcosa che preceda il pensiero, e che lo affianchi nello spazio dell’inconscio, e che così superi il pensiero: “Il mio inconscio sa più di me.” ancora ci insegna Franco Loi (1930 – 2021); e la sua rappresentazione, in qualsiasi forma dell’Arte, risponde a quella che è solo una esigenza dell’uomo, che è una necessità, uno strumento indispensabile alla conoscenza di sé, utile alla Vita; la Poesia allora è una esperienza necessaria all’uomo, e utile strumento di conoscenza della Vita.
Poeta è quindi colui che sa abitare il proprio inconscio, starci dentro, capirlo e tentare di tradurlo al di fuori di sé, spogliato dell’Io; il Poeta è colui che è capace di fare esperienza dell’inconscio e darcene testimonianza: l’Arte tutta non è altro che il prodotto fisico della rielaborazione dell’inconscio.
Come ho cercato di dire in un mio raro intervento pubblico, in presenza, nell’occasione della mostra delle magnifiche incisioni del Maestro Fausto Roncone, molto spesso ci sentiamo a disagio di fronte all’opera d’arte perché crediamo di non essere in grado di definirla, di “capirla”, pensando ci sia bisogno di chissà quali competenze per riuscirci, quando invece gli unici strumenti utili alla traduzione dell’opera d’arte sono davvero solo quelli biografici, anche quelli ereditati dai nostri genitori, dai nostri nonni, e procedendo ancora più indietro nel tempo, che sono sicuramente più fedeli e precisi di qualsiasi sovrastruttura accademica.
Ecco, è per questo che in quella occasione ho detto che la prima cosa da portare innanzi all’opera d’arte è se stessi.
Quindi è così che affronto il lavoro di Guglielmo Aprile, che in questa sua ricercata Sinfonia del Mare ci propone del mare la sua storia, la sua archeologia, arrivando a una teofania dell’elemento marino genitore, e lo fa con una varietà di testi che vanno dal componimento breve a quello più esteso, fino ad arrivare alla frammentazione tematica del poemetto; ed è un fluire il suo scrivere che tenta il moto marino appunto, con naturalezza, dove intercetta rime e assonanze pure con naturalezza.
Ecco allora assolta la sana funzione dell’elemento biografico in ambito artistico – che in questo caso è da rintracciare nell’origine napoletana dell’autore, che non si aggroviglia nella artificiosa, sterile problematizzazione del soggetto, da dove emerge così, con vera grazia, questo suo particolare innamoramento del mare.
MASSIMO RIDOLFI
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