CORALE: SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEPORANEA
Poeta: GIUSEPPE CARLO AIRAGHI
da "A me non piacciono i bonsai" di Giuseppe Carlo Airaghi, in "I quaderni dell'aspettativa" (Italic 2019)
A ME NON PIACCIONO I BONSAI
Hai detto “a me non piacciono i bonsai”
e io, che volevo fartene dono,
ho pensato che il tuo fosse
un semplice capriccio,
la posa anticonformista che,
compiacendoti, così spesso assumi.
Poi hai raccontato di quanta violenza
sia necessaria per rattrappire i giganti,
per piegarli a mostrarsi nani.
Mi hai parlato dell'ingegno colpevole
che corrompe il respiro alle cose del mondo.
Imbarazzato
ho abbozzato una giustificazione storica
sulle necessità degli omeopati nomadi
e infine rassegnato
ho taciuto.
Io con la mia pretesa poesia da quadernetto
e tu che invece sei poeta
nei minimi sguardi
che inconsapevole versi
sulle minime cose della vita.
NOTA DI LETTURA
Devo chiarire che questo lungo percorso di ricerca intrapreso mi pone – che sia chiaro! – nella posizione che può essere solo quella dell’allievo – curiosissimo allievo, certamente, ma pur sempre un semplice allievo che scrive e dice da qui, da queste pagine e da queste aperte letture che via via si susseguono; direttamente da questo dove, che arriva virtuale ma che è fisico, perché non c’è materia che sia più solida della parola e della voce umana (che sia chiaro anche questo! prima di proseguire); allora da qui non può che esserci alcuna intesa lezione possibile, ricerca che proprio alla lezione vorrebbe sfuggire, e nessuna intenzione di insegnare ma solo di ascoltare: da qui si cerca solo di ascoltare e di cercare di capire, e per tutto questo e per il nulla di tutto questo quindi da questa parte non troverete alcun maestro, e sarebbe ancora più inutile mettersi a cercarlo.
Una domenica (era il 6 febbraio 2022, durante la trasmissione Che tempo che fa, N.d.R.) sono stato molto colpito da come Papa Francesco ha interpretato, con semplicità, quindi con saggezza, il concetto di preghiera: “Pregare è quello che fa il bambino quando si sente limitato, impotente.” ha detto che è come richiamare l’attenzione, l’aiuto, del padre e della madre di quel bambino limitato, impotente.
Ecco, credo che sia molto vera questa immagine, perché nella preghiera ci si fa tutti piccoli, stretti da una necessità che non sia solo fisica ma che tenti un momentaneo distacco terreno; immagine alla quale però aggiungo che nessuno sa cosa sia una preghiera come lo sanno i poeti, perché è sempre una preghiera, una invocazione all’ascolto, che si fa quando si scrivono versi, che è una attività verticale, che discende per tentare una possibile ascesa.
Quindi è con questo spirito oggi, come ogni volta, che mi avvicino alla poesia, alla lezione di Giuseppe Carlo Airaghi – che nel suo ultimo lavoro in versi, Monologo dell’angelo caduto, Fara, 2022, pare volerci insegnare la parte dell’angelo – per imparare il suo “sguardo non addomesticato”, che definirei ecologico, cioè che mira alla conservazione di ciò che vede; quindi cerco nel suo dettato una visione altra, nuova delle cose che ogni giorno contribuiscono alla esistenza terrena, che ci riguarda tutti immancabilmente, dentro questo momento che chiamiamo Vita.
E allora guardo con attenzione dentro questo scorcio che Airaghi propone per riconoscere innanzitutto me stesso, un io comune che tramuti in noi, e mi ritrovo nella semplicità compositiva di questo poeta, nel suo proprio dire che raccoglie con il suo sguardo il concreto ma variabile sospiro dell’esistere, che ci fa uguali e fragili tutti, dove tutti si è chiamati a giocare, a recitare la propria parte, “sedotti dall’illusione che si tratti di un gioco / che potremo interrompere.”
Si segnala in fine la silloge La somma imperfetta delle parti, Giuliano Ladolfi Editore, 2021.
MASSIMO RIDOLFI
ASCOLTA QUI I VERSI: https://youtube.com/shorts/UPoUWpsbf3k?si=EnSIkaIECMiOmarE .