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CORALE: SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEPORANEA

Poeta: TOMMASO GIARTOSIO

da "Narciso" di Tommaso Giartosio, in "Come sarei felice - Storia con padre" (Einaudi 2019)

 

NARCISO

Narrano che Narciso

non fosse bello affatto,

e che accettasse il fatto.

Ma il fatto che il suo viso

nella fonte riflesso

fosse brutto lo stesso –

questo sí l’abbia ucciso.

 

NOTA DI LETTURA

E se dovessi star a pensare a quello che dici tu, il metro libero-chiuso, ai piedi, non agli accenti, ecc. mi sentirei soffocare […]”1

PIER PAOLO PASOLINI (1922-1975)

Sono stato sempre contrario alla poesia mandata a memoria, dove perde la sua musicalità – la sua esecuzione attraverso la voce –, che ho sempre considerato il miglior modo per ammazzare una emozione e la sua imperfezione; come sono stato sempre contrario all’esegesi, soprattutto quando attraverso questa si vorrebbe semplificare finendo per complicare le cose, quando invece l’unico strumento utile da portare innanzi all’opera d’arte per riuscire a comprenderla, cioè a farla nostra, è noi stessi; come non ho fondato mai la mia osservazione critica della poesia sull’aspetto formale del testo – è molto più importante invece il suo aspetto grafico, cioè di come sta sulla pagina il componimento, che pochissimi considerano –, sul conteggio metrico-sillabico, perché considero le forme solo come delle grigie scatole vuote se non ci si mettono dentro dei contenuti di senso che le colori, che le riempia, perché nulla può rilevarci la forma di non già risaputo, perché la forma nulla giustifica, perché ogni forma, persino la più astrusa e sconosciuta, può contenere Poesia o non contenerla affatto: l’unico aspetto fondamentale da analizzare in critica è il contenuto empatico del testo, vale a dire il potenziale che questo ha di manifestarsi all’altro, cioè quanto il lettore possa ritrovare di se stesso dentro il senso della poesia; perché è Poesia solo quando tutte le parole scelte, tutti i versi, tutte le strofe che compongono la lirica sono capaci di riprodurre una chiara immagine in grado di generare e, soprattutto, evocare in seno al lettore una esperienza umana, quindi un fatto universale; quindi il testo deve essere capace, per essere Poesia, di riflettere l’uomo, e tutto ciò può avvenire in poesia solo con naturalità, in uno spazio fisico e metafisico salvo da preposizioni concettuali, cioè senza seguire un disegno prestabilito, che nulla può ordinare la Poesia.    

Quando fosse così, allora e solo allora sarebbe Poesia, e giustificherebbe ogni forma possibile o, fino a poco prima, impossibile, ma sempre nuova nel senso: in poesia il contenuto supera la forma, che riempie per la necessaria partitura fonico-ritmica; di là da questo è mero manierismo, sempre stucchevole.

La Poesia è la cosa più vicina al miracolo che possa accadere – quindi avvenire – tra le mani di un uomo; ma è anche un atto della Creazione, una sua manifestazione, quindi naturale compimento delle cose, che così si mostrano in tutta la loro semplicità, pur arrivando da processi complessi, insondabili fino in fondo, cioè impossibili da arrivare all’anima, all’inconscio, alla evidente spiritualità di ogni atto dell’uomo, della sua manifestazione dentro il metafisico e ai suoi esiti formali, cioè fisici, percepibili dai sensi di base.

Insomma le poesie vanno date scritte: solo così si può capire se sono in grado di risuonare attraverso lo strumento musicale primario, la voce; solo così si può capire se sono in grado di dirsi Poesia.

Allora ora capiamo attraverso la voce i testi di Tommaso Giartosio: qualcuno ricorderà che da qualche parte ho scritto – e se non lo si ricorda non fa nulla perché mi ripeto spesso e volentieri – che non c’è visuale migliore per cercare di comprendere la grandezza della Poesia che quella di arrivarci dalla Prosa, per questo l’“affaccio” di Giartosio alla Poesia mi interessa particolarmente in questa ricerca, perché appunto lui da questo largo sentiero della Prosa arriva alla Poesia; e ci arriva bene, perché ci arriva consapevole della sua preparazione insufficiente, perché dobbiamo superare il limite della conoscenza – per dirla con Robert Frost (1974-1963) – per arrivare alla Poesia, perché la Poesia riesce in questo: superare il limite delle nostre conoscenze; e Tommaso Gertosio nel suo dettato ce ne consegna una prova di questo, di tutto questo, che pare un niente, un niente profondissimo però.

MASSIMO RIDOLFI

 

  1. da una lettera in risposta a Franco Fortini (1917-1994), che invitava Pasolini a una poesia engagé ma da farsi tutta dentro la forma, in “Attraverso Pasolini”, di Franco Fortini, Einaudi, 1993.

 

ASCOLTA QUI I VERSI: https://youtube.com/shorts/Mz9I5Aujo3A?si=EnSIkaIECMiOmarE.