CORALE: SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA
Poeta: DINO VILLATICO
da "A mio padre" di Dino Villatico (un inedito)
A MIO PADRE
Non conforta sapere ch’è destino
di tutti, o quasi tutti, rimanere
orfani un giorno. L’ultimo respiro,
il fiato che s’allenta fino a quando
il petto non si muove più, mentisce
chi lo chiama commiato, chi s’illude
che un domani il ricordo, senza pianto,
addolcisca l’addio. Non s’addolcisce
il tempo che trascorre, la memoria
che s’arresta a quel punto. Fino in fondo,
smascherata la lacrima impotente,
l’addio si riperpetua in un da capo
che ignora il taglio netto della fine.
E l’occhio guarda sempre con terrore
quell’occhio che s’offusca e perde luce,
come se poi di nuovo s’appannasse,
e il blocco ancora indefinitamente
ripetesse l’inizio di quel punto.
Fiano Romano, 28 - 31 gennaio 2020
NOTA DI LETTURA
La critica letteraria italiana del testo contemporaneo, oggi più che mai, non è fatta di ricerca, vale a dire di studio matto e disperatissimo ma neutro, che stia al testo e basta, bensì di relazioni personali, riducendola così a una partitella a “carte” tra amici, ed escludendo ogni possibile rischio, senza alcuna puntata o possibilità di rilancio, eludendo soprattutto di dire davvero, per proprio conto, quello che si pensa, e pure trincerandosi dietro uno scolastico, stantio modo dirle le cose letterarie.
È per questo atteggiamento che oggi si registra puntualmente un certo appiattimento nella proposta poetica italiana: bisogna uscire dalle relazioni. Di poeti ce ne sono tantissimi ma bisogna guardare al di là della mera relazione. Insomma, i poeti non bisogna proprio frequentarli, se solo si volesse avere attualmente un quadro critico oggettivo dello stato della poesia italiana contemporanea, per così rifuggire dal solito giro di amici fatti passare per poeti solo perché amici, con il serio rischio che il lettore meno avveduto consideri canone dei testi mediocri, buoni giusto per qualche amico sprovveduto, che confonda un pur legittimo gusto soggettivo come l’espressione di un concetto critico: anche il gusto personale – che qui si vuole intendere anche come il proprio modo di fare le cose –, come il senso amicale di ogni relazione, non ha nulla a che fare con la critica, ed è detrimento anche di quello che di buono ci sarebbe da stare a leggere.
Da qui la noia che spesso si prova ad ascoltare certe proposte in poesia; e maggiore è la noia che prova il critico che si tenesse ben distante dall’istaurare rapporti di amicizia con gli scrittori che studia e, appunto, critica – vale a dire interroga e analizza nel testo e di null’altro tiene conto, proprio come si fa qui dal 29 ottobre2019 e si continuerà a fare fino a chiusura di questa ricerca, segnata al 31dicembre 2025, che non ha lo scopo di catalogare l’elenco dei migliori ma, semplicemente, l’osservazione della scrittura in versi italiana di questo primo quarto di secolo, senza mai lesinare una parola che sia di incoraggiamento per ogniprezioso contributore.
Quindi è fondamentale per me non sapere nulla di Dino Villatico, nulla che non sia già nei suoi testi, così da riuscire a dire con tutta la libertà intellettuale di cui sono capace il senso dei suoi versi, che misuro con il mio orecchio e con il mio corpo verifico, un orecchio e un corpo aduso alla poesia, orecchio e corpo che si provano con caparbietà quotidiana a questa pratica.
Villatico mi offre suoi preziosi inediti e ciò mi basta per segnare sul mio taccuino – che qui riverso – che sono di fronte a un dettato davvero moderno perché coltivato nel classico; e riesce questo poeta, sia nel componimento lungo che in quello più sintetico, a coniugare il suo dire del mondo dentro una metrica che sa farsi discorsiva e racconto di un uomo che dal suo passato cerca e trova il sentiero del futuro, la permanenza.
Dino Villatico ha un vantaggio invidiabile in questa sua ricerca: sa la musica, e la musica segna in ogni sua parola messa in linea e scesa sapientemente nella verticale ascendente che determina la peculiare forma della poesia: Villatico sa che quando si parla di musica e poesia, si intende che ogni parola, così messa, così affilata, è capace di far risuonare la voce umana senza alcun accompagnamento musicale, e ho tutto misurato con il mio orecchio e con il corpo ho tutto verificato per percepire “l’origine e la forma di ogni fine, / e l’ineluttabilità feroce / che demolisce tutto ciò che nasce.”
MASSIMO RIDOLFI
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