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CORALE: SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA

Poeta: GIANLUCA D’ANDREA

da "Lettera a mia figlia" di Gianluca D'Andrea, in "Transito all'ombra" (Marcos y Marcos 2016)

LETTERA A MIA FIGLIA

Cara piccola Sofia,
non c’è mondo che si apre
oltre la tua possibilità di vedere,
per questo osserva tanto,
comprendi i tuoi confini,
ciò che senti ricordalo perché ti aiuti
quando continuerai a scoprire sola
la tua voglia di scoprire.
Non ascoltare chi dirà che nulla
è questa fine, perché sarà la fine.
I tuoi giochi e la ricerca
di un consenso sono l’umanità
che è sola nell’individuo, corale
nella necessità.
Tutti siamo piccoli, Sofia,
e abbiamo poco o niente da dire,
eppure questo fiato, così buffo,
è il dovere che ci unisce e dissolve.

NOTA DI LETTURA

Prima di licenziare una poesia, se fosse accaduto il miracolo di scriverla davvero una poesia (dopo decenni di tentativi, io credo di non esserci ancora mai riuscito), bisogna controllare prima di tutto (non gli accenti, i piedi, e quante sillabe contiamo dentro un verso, e quanti sono i versi dentro una strofa, e quante strofe ci sono dentro una poesia, e gli spazi bianchi, e i vuoti, e i pieni: mai fatto in vita mia perché i miei strumenti di risonanza misurazione e verifica sono sempre, da sempre, nell'ordine, la voce l'orecchio e il corpo) se quella cosa che si è fatta (solo di poche parole, il minimo indispensabile, messe bene in fila e poi mandate accapo a fare una tesa verticale che sia poi ascensionale) contenga un mondo, perché la biografia, da sola, non è in grado di giustificare la poesia di nessun poeta, anche del più grande.

E poi verificare che questo mondo abbia un suono che sia musica da suonare a voce, da sentire a orecchio, da lasciarsi incidere nel corpo.

E con la mia cassetta di artigiano mi avvicino a questa osservazione del tempo secolare, registrato analogico (cioè fatto di cose toccate, di cose di questo mondo) della poesia di Gianluca D’Andrea, che è tutta una lotta alla resa (cioè a non arrendersi), grattando con le unghie del vivere quel solco di noi a rimanere: D’Andrea, come fanno più di tutti i poeti, scrive per esercitare il suo diritto a restare traccia di questo mondo di uomini animali e cose che ci stiamo raccontando da millenni, da sempre, “che ci unisce e dissolve”.

MASSIMO RIDOLFI

ASCOLTA QUI I VERSI: https://youtube.com/shorts/hK3-sFiPV5A?si=GsX2wBflfkqPPUJK .