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SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA

Poeta: ANTONIO SPAGNUOLO

da "Lamiere" di Antonio Spagnuolo, in "Futili Arpeggi" (La Valle del Tempo 2024)

LAMIERE

Un sonno che ha lamiere di ferro
è il tempo che avanza rapido oltre la porta.
Bevendo ancora sorsi di nostalgia
senza sosta né fine una fiamma bruna
placa nel suo dire i colori inebrianti,
ed io compongo questo diario
vagando tra invisibili corpuscoli
del veleno urticante della sorte.
Ultima cerimonia un fragile acquerello
che riporta i motivi di un’immagine
tracciata in volute di fumo
ed una bocca che voleva dolcemente
sfuggire al buio che insegue come muta di cani.

NOTA DI LETTURA

La poesia è il frutto di una visione, esperienza irreplicabile, quindi un prodotto secondario, un umile manufatto umano non commercializzabile.

Allora poeta è colui che riesce a vedere (non a scrivere: l’atto della scrit-tura è sempre accessorio, residuale: la parola è continuamente sopravvalutata perché invero è la visione che davvero conta non il testo che ha provocato: è l’esperienza di Cristo che conta davvero non il lacerto evangelico) cose dove e come nessuno quanto lui sa fare.  

Oggi in Italia, ahimè!, guardiamo e la leggiamo anche molta poesia in americanese, cioè scritta a imitazione della grande (e grande perché originale davvero) poesia americana del ‘900, declino e decadimento che è iniziato (ahimè! di nuovo) con Cesare Pavese.

Questa poesia imitativa manca, di conseguenza, di ritmo perché morfo-logicamente imita dei suoi che la nostra lingua non è in grado di ripro-durre: è tutta qui la ragione di tanta nostra mostra giovane poesia, che lascia sul foglio bianco delle debolissime prose che oramai non tentano neanche l’azzardo della tesa verticalità propria della poesia, ma questo forse è un bene, nel male.

Ma la vera finta tragedia (perché comica) comincia quando questa giovane poesia pretende (e si pure convince di riuscirci) di escludere l’Io autoriale, vale a dire la presenza dello scrittore nel testo che scrive. Ma giunti a questa soglia, il critico letterario è saggio che lasci il passo alla letteratura medica di indirizzo psichiatrico.

Quindi io (proprio l’Io che sta qui scrivendo) rimango nel mio campo, quello della letteratura detta d’arte (prosa, poesia, drammaturgia), e riparto dal porto salvo (da tutto ciò) di Antonio Spagnuolo, che componendo que-sto suo diario, che è il suo fare poesia, sa dirci e attraversarci offrendo un antidoto fatto di bene allenate parole contro il “veleno urticante della sor-te”, donandoci così occasione di restare dentro le trame del suo versificare: scrivere versi significa più che mai praticare la permanenza.

Antonio Spagnuolo pratica con sapienza la permanenza, e ce la sa raccon-tare, al sicuro della tradizione.

MASSIMO RIDOLFI

ASCOLTA QUI I VERSI: https://youtube.com/shorts/O_mfalBwAaY?si=SuIkaK-sYi6sJBsA .