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CORALE: SETTIMANALE DI RICERCA SULLA POESIA ITALIANA CONTEMPORANEA

Poeta: ALESSANDRO LIBURDI

da "È già secolo scorso" di Alessandro Liburdi (un inedito)

È GIÀ SECOLO SCORSO

Cinque Natali fa ad esempio
c’erano i pioppi a guardia dei ruderi:
le anime vaganti nella pianura
in un sabba di sole riunite
al crocicchio dei Piatti Rotti.

C’era l’ansia di pasti vicini
i parenti lontani in arrivo
una giovinezza non sfiorita
e quell’odore di fritto che hanno
le mani impastate di nonna e le zie.

Nello strofinio di sedie
col fiasco al centro del tavolo
nonno portava il trofeo che rallegrava
prima del giro di tombola,
i giochi cugini, i progetti dei grandi.

È roba di poco tempo fa
eppure è secolo scorso: già.

NOTA DI LETTURA

Aprire e chiudere. Incipit. Explicit. I tiranti della Letteratura. Senza, crolla tutto. E in poesia deve essere naturale questa scienza delle costruzioni dello scrivere, come la rima: se è naturale, va bene; se è lì a fare la bellina, allora via!, sciò! Per rima intendo anche assonanze e consonanze, finali o interne, ma che suonino quand’è che devono suonare. È tutta qui la scienza delle costruzioni della Poesia. E il tutto dettato dal ritmo interno, proprio, del poeta, se è poeta, perché è un talento saperlo di non saperla affatto questa scienza, quindi nativo, generativo, perciò non si può insegnare, perché Arte è il risultato di uno straniamento; e non può essere altro che questo: al di fuori da questo concetto, si possono fabbricare solo delle noiosissime sciocchezze.

La Poesia, l’Arte, ci dice che non siamo soli, che c’è qualcuno che ci riconosce e, in noi, riconosce se stesso; e questo saper dire dell’artista salva tutte le nostre Vite.

L’Arte è il Vero Patrimonio Umano: solo quando arriveremo a capire questo saremo in grado di salvare il mondo e le sue creature, tutte; e con questa consapevolezza cominceremmo solo allora ad aver rispetto anche di una pietra, che poco prima non avremmo mai detto essere pure questa importante, irrinunciabile.

Siamo, grazie a Dio, finiti.

Siamo tutto e Siamo niente.

È con questo pensiero che mi affaccio sulla poesia di Alessandro Liburdi.

Ecco, lo dico, anzi lo scrivo dritto per dritto e senza la benché minima incertezza, e di eventuali errori si occuperà il Futuro, non certo io: lo scrivere versi è il chinarsi a raccogliere le molliche cadute dal nostro vivere e rifarne pane. Liburdi fa questo dentro l’impasto delle sue poesie domestiche, e ce ne accorgiamo masticandole piano, che piano riaffiorano i ricordi: è dell’impasto di questa sua poesia-pane che questo poeta si sporca le mani, perché la poesia, è vero, si fa con le mani, sporcandosi “spesso le mani” per ridarci un dire apparentemente semplice.

E ho prova allora che uno solo è il dovere del poeta: non smettere mai il suo proprio sentire, e di questo solo scriverne per informarci che: “Cinque Natali fa ad esempio / c’erano i pioppi a guardia dei ruderi”.

MASSIMO RIDOLFI

ASCOLTA QUI I VERSI: https://youtube.com/shorts/ntE-tlm4ERE .