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Il 1° agosto 1950 la pagina teramana del quotidiano romano “Il Tempo” dà una bella notizia, in un articolo intitolato: “L’economia teramana è nel suo pieno sviluppo”. Sopra il titolo compare un’altra bella notizia: “Dati statistici confortanti”. Meno male. Il dopoguerra non fu un periodo facile e sapere che a Teramo l’economia proprio in quel periodo fosse in pieno sviluppo fa piacere anche oggi. Anche che i dati statistici fossero confortanti. Perciò con il cuore colmo di gioia ci accingiamo a leggere l’articolo per capire quali fossero i dati confortanti e sui quali indicatori si basasse l’importante bella notizia.
I dati, spiega l’articolo sono stati attinti presso la locale Camera di Commercio e Industria, perciò sono del tutto attendibili. Vediamo in che cosa consistono. Negli “ultimi scorci di tempo”, si legge nell’articolo, “il quadrante economico teramano non ha registrato oscillazioni rimarchevoli nel settore dell’industria”. Se non ci sono stati oscillazioni, non ci sono stati miglioramenti, quindi non devono essersi registrati nel settore industriale, forse si sono registrati nel settore del commercio. Continuiamo a leggere e vediamo se è così. Si continua a parlare, però, per il momento, del settore industriale e si dice che “la limitazione dell’energia elettrica, che per un certo periodo di tempo aveva imposto delle restrizioni nell’elargizione dell’energia a scopo industriale, è stata pressoché abolita, consentendo in tal modo la piena ripresa del lavoro”. Meno male. Ma allora come mai non si è registrata un’oscillazione rimarchevole in meglio? Continuiamo a leggere: i lavori pubblici procedono a rilento, compatibilmente con le condizioni atmosferiche. Insomma, quando piove non si lavora e non si costruisce. Quindi niente oscillazione in meglio. Questo dato statistico non è tra quelli confortanti. Vediamo se li troviamo in altri settori, per esempio quello dei finanziamenti concessi dal Banco di Napoli per l’industrializzazione del Mezzogiorno alle progettate nuove industrie teramane. Risulta già in corso di costruzione uno stabilimento per la produzione delle sanse e dei semi, con annessa raffineria di olii. Dove? Nel Comune di Giulianova. Ah! Ecco. Non a Teramo. E a Teramo? Beh, sono iniziati i lavori per la progettata fabbrica di automobili sport, con annessa officina di manutenzione e riparazione di autoveicoli. Peccato che negli anni successivi di questa fabbrica non si sentirà più parlare. Questo è tutto? Sembra di sì. L’articolo non dice altro. Ma allora quali sono i dati statistici confortanti? Su che si basa la notizia che l’economia teramana è nel suo pieno sviluppo? Leggiamo ancora e lo scopriremo. Si sono registrati un “ciclo stagionale” in numerose industrie locali e in agricoltura e una ridotta attività in quelle a lavorazione continua e nei lavori pubblici. Che cosa ha comportato questo?

 1950-01-08_Il_Tempo_2.JPGLa disoccupazione ha ripreso ad aumentare, toccando quasi le 9.000 unità, di cui il 50% da considerarsi “totalmente disoccupati”. Ma allora? Come fa l’economia teramana a stare nel suo pieno sviluppo con questa aumentata disoccupazione? L’emigrazione a scopo di lavoro è aumentata o è diminuita? In base ai dati forniti dalla questura di Teramo, in base ai passaporti e ai figli di identificazione per l’espatrio, risulta lievemente aumentata. Nell’ultimo mese sono emigrate 197 persone contro le 146 del mese precedente. Alla faccia dei dati statistici confortanti! Alla faccia di un’economia in pieno sviluppo. Ma il commercio? L’andamento dei mercati come è stato? “In generale calmo e depresso per i prodotti agricoli e il bestiame”. Si è registrata “scarsa richiesta” e i prezzi si sono rivelati “poco remunerativi”, specialmente per i bovini, i suini e i prodotti vinicoli. Il settore dei prodotti industriali è stato “stazionario”, sia nel volume degli affari che nell’andamento dei prezzi. Un certo “ravvivamento” si è registrato nella vendita dei tessuti invernali UNRRA, “molto accorsata”. Che vuol dire “accorsata”? Vuol dire bene avviata, con molta clientela. Ma che cose vuol dire UNRRA? Vuol dire “United Nations Relief and Rehabilitation Administration”.
Si tratta di un un'organizzazione internazionale con sede a Washington, istituita il 9 novembre 1943 per assistere economicamente e civilmente i Paesi usciti gravemente danneggiati dalla seconda guerra mondiale, entrata a far parte delle Nazioni Unite nel 1945, e sciolta il 3 dicembre 1947. L'UNRRA traeva i suoi fondi da contributi di Stati che non avevano subìto devastazioni e che quindi potevano versare denaro per la ricostruzione postbellica. In un secondo momento, la sua opera venne estesa anche ai Paesi sconfitti e tra questi l’Italia, ammessa nel 1946. In seguito agli accordi di Roma, a partire da tale data, cioè nel 1950 da quattro anni, l’UNRRA-Tessile si occupava della vendita a basso prezzo di tessuti invernali, di cotone e lana. Insomma l’economia teramana era “in pieno sviluppo” solo grazie all’elemosina americana: vestiti invernali, per lo più usati o dimessi dai militari che avevano combattuto in Italia contro gli italiani e i tedeschi e poi degli italiani diventati alleati.
L’unico dato statistico confortante, in fin dei conti, si basava sui teramani “straccioni” che acquistavano a poco prezzo i vestiti usati e dimessi degli americani, insomma “i cenci”. Perché anche sul piano bancario i dati non erano confortanti: il giornale diceva che elevato era il numero delle richieste di credito, cioè di quanti avevano bisogno di denaro e lo chiedevano alla banche, ma, ma se notevole era l’aumento delle richieste di sconto, non altrettanto notevole era quello delle anticipazioni, cioè dei crediti concessi dalle banche.
Non sappiamo quanti all’epoca, leggendo l’articolo, si posero la domanda che possiamo porci oggi noi, a distanza di 73 anni: “Come facevano ad essere confortanti i dati statistici relativi all’economia teramana? E come faceva l’economia teramana ad essere “nel suo pieno sviluppo”, come diceva “Il Tempo” del 1° agosto 1950?

Elso Simone Serpentini