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IERIOGGIL’annuncio che dava in suo articolo la pagina teramana del quotidiano romano “Il Tempo” il 29 dicembre 1949 era trionfale: “Il «Museo della Maiolica» si riaprirà presto a Teramo”. Come non essere felici? Era una buona notizia. Una delibera del commissario prefettizio aveva istituito il «Museo civico e della Maiolica abruzzese» sulla scorta di uno schema elaborato con la collaborazione della Sovrintendenza ai Monumenti e Gallerie. La cosa non poteva non far piacere ai lettori, scriveva il giornale, in quanto il Museo Civico, eloquente testimonianza delle antiche virtù storiche ed artistiche della fiera e nobilissima Interamnia era tenuto in uno stato di deplorevole abbandono. La Mostra della Maiolica Antica Abruzzese era stata organizzata in modo impeccabile nel quadro della massima rassegna regionale e aveva rivelato la produzione di Castelli, con l’esibizione di un numero cospicuo di pezzi dal valor inestimabile. In effetti, perfino l’Istituto Luce aveva realizzato un documentario proiettato in tutti i cinema d’Italia e ancora oggi visibile nell’Archivio dell’Istituto Luce

Grande festa, quindi, per l’istituzione di un Museo, che avrebbe avuto sede nella palazzina municipale in Viale Bovio, che avrebbe raccolto ed esposto al pubblico in  modo permanente tanti capolavori “dell’arte figulina abruzzese, con particolare riferimento a quella castellana, dalle più remote origini ai nostri giorni”. Il Museo avrebbe avuto tre sezioni: la prima dedicata alla maiolica del passato, la seconda sarebbe stata un’esposizione campionaria permanente della produzione dei figuli e delle fabbriche di maiolica contemporanea. Le opere della prima e della sezione sarebbero state raccolte dal materiale in deposito presso lo Stato, i Comuni, le Province ed altri enti pubblici,  materiale dato in deposito da privati, proveniente da donazioni e da acquisizioni per acquisto diretto. Uno degli scopi più interessanti sarebbe stato raccogliere tutti quei pezzi di maiolica di interesse artistico che si trovavano sparsi presso enti e privati che, se non raccolti in tempo e  posti nella dovuta luce, avrebbero corso  il rischio di andare distrutti o dispersi. L’iniziativa del commissario prefettizio prof. Francesco De Felice era, quindi, lodevole e tendeva anche ad ottenere che lo stato facesse a affluire a Teramo le opere d’arte dei grandi maestri che si trovavano nei musei e nelle gallerie d’Italia. Il museo teramano avrebbe potuto essere elevato a museo nazionale della maiolica nel Mezzogiorno. “La legittima aspirazione teramana è degna di considerazione e d’incoraggiamento da parte delle autorità centrali” concludeva il giornale.

TreteraPeccato. La “legittima aspirazione” del 1949 non trovò in seguito la concretizzazione che forse meritava, perché l’annunciato «Museo civico e della Maiolica abruzzese»non venne mai realizzato. Ci furono nel corso degli anni mostre, esposizioni temporanee della maiolica castellana, da parte del Comune di Teramo (una assai importante nell’aprile del 1922,  un’altra nel 1957,  un’altra ancora nel 2013), della Fondazione Tercas,  alcune anche di recente (si ricordano una mostra tenuta dall'8 dicembre 2005 fino al 6 gennaio 2006 nella sede della Pinacoteca Comunale in Viale Bovio; una mostra delle opere di AligiSassu esposte a partire da sabato 2novembre 2022 nella Sala Ipogea) ma mai venne istituito un museo stabile, fisso, anche se  in rete si trova segnalato un “Museo delle Ceramiche (Teramo), ospitato nell'ex convento francescano di Santa Maria di Costantinopoli”.Un Museo che non esiste e non è mai esistito e che invano si chiederebbe di poter visitare. Quella dell’istituzione di una Museo della Ceramica è stato uno dei sogni non realizzati dei teramani, che nell’immediato dopoguerra pensarono di rendere la loro cittadina una città grande e importante.

​​​​​​​​​Elso Simone Serpentini