Domenica 4 giugno 1905, con l’inaugurazione di un elegante stabilimento di acqua dolce, allocato in appositi fabbricati, che forniva acqua riscaldata per le docce e le vasche da bagno, l’Albergo del Giardino aveva portato in Piazza della Cittadella, dove si affacciavano il suo bell'ingresso e le finestre delle sue migliori stanze, una ventata di novità. Lo stabilimento aveva postoTeramo a livello delle migliori città italiane, perché i bagni erano indizio di salute e di igiene pubblica. Illustri personaggi della Teramo bene, teramani agiati, che non avevano in casa dei bagni adeguati, si recavano periodicamente all’Albergo del Giardino per una lunga e comoda toilette, consistente in un bel bagno caldo, tra effluvi profumati di moderne saponette, e uno shampoo con i migliori prodotti del momento. Le donne no, le donne non usavano frequentare il Giardino, anche perché era noto che vi alloggiassero le “divette” del teatro, di passaggio con le loro compagnie, e anche qualche “donnina” disposta a ricevere in camera giovanotti e attempati amanti di Venere. Le signore teramane erano però accorse numerose sabato 9 dicembre 1922 all'Hotel Giardino, dove “La Merveilleuse” di Torino, la più importante casa di confezioni per signora, aveva presentato ed esposto la sua ricchissima collezione di abiti e di mantelli.
Dell’evento, in città si era parlato a lungo. Sarà stato per questi ricordi di una modernità perduta, che nei primi anni ’50, da poco finita la guerra, i teramani cominciarono a cullare un sogno, quello di avere in città un albergo diurno, o “diurno”, come lo chiamavano, cioè un posto dove poter periodicamente andare a prendere un comodo bagno caldo, o anche, più semplicemente, fare i propri bisogni durante il giorno, trovandosi in giro per le vie, senza dover tornare a casa, soprattutto nell’imminenza dell’annunciata eliminazione dei vespasiani. Quello di un “diurno” fu un sogno cullato a lungo dai teramani, che consideravano la realizzazione di quel sogno un segno della modernità di cui in quel periodo avvertivano una così disperata esigenza. Il 21 ottobre 1951 apparve su “Il Messaggero” un trafiletto che annunciava “la prossima costruzione a Teramo di un moderno albergo diurno”.L’iniziativa, di cui la cittadinanza aveva davvero bisogno e necessità, era del signor Ricci, che aveva incaricato lo studio tecnico “L’Edile” dell’ing. Fumo e del prof. Satucci, di redigere un progetto. La costruzione del “diurno” era prevista entro il mese di maggio dell’anno successivo, nei locali interrati del nuovo palazzo della Previdenza Sociale, con l’ingresso in Piazza Cellini. Il locale avrebbe avuto una sala da barbiere, una sala d’attesa, vasche da bagno, docce e servizi ausiliari. Internamente tutti i locali sarebbero stati rivestiti a mosaico e arredati con armadi a muro, per la biancheria, e vetrine con mostre di profumi e saponi. Dell’albergo diurno, diceva il giornale, da anni i teramani auspicavano la realizzazione, che finalmente avrebbe colmato una delle più gravi lacune cittadine e sarebbe tornata a vantaggio oltre che dei teramani dei forestieri che giornalmente giungevano in città per ragioni di commercio, di affari e per gite turistiche.Purtroppo il progetto redatto dall’ing. Fumo andò letteralmente “in fumo” e non venne realizzato. Così il sogno infranto dei teramani rimase un sogno.
Quattro anni dopo, il 22 luglio 1955,“Il Messaggero” tornava sull’argomento con un articolo intitolato: “Si torna a parlare di un bagno pubblico e addirittura di una moderna piscina”. Nel sommario si leggeva: “Auspicabile l’intervento del Comune per favorire l’iniziativa”. L’incipit dell’articolo era storico-esplosivo: “Pare che anche Teramo, dopo più di milleseicento anni di attesa (le antiche terme risalgono al III secolo dopo Cristo) avrà di nuovo i suoi bagni pubblici”. Il giornale spiegava che un coraggioso imprenditore, di cui per ragioni di opportunità non si faceva il nome, stava per fare “dei buoni passi”, e con successo, per ottenere la necessaria autorizzazione e un contributo. Il progetto prevedeva “un complesso di camere da bagno, docce, salone per barba, manicure”. Se le autorità comunali gli fossero andate incontro, l’imprenditore aveva in animo di costruire anche un’ampia piscina con annesso gioco da tennis. Insomma, c’era di che esultare: con il “diurno” Teramo, finalmente moderna, sarebbe tornata ai fasti di un tempo. Inutile dire che nemmeno questo progetto venne realizzato, quello di un albergo “diurno” restò per i teramani un sogno e periodicamente i giornali tornarono in seguito sull’argomento, sottolineando la necessità di avere in città un segno tanto importante di modernità. Sull’argomento ci torneremo anche noi, “rivisitando” gli altri successivi interventi sulla questione della stampa teramana.
ELSO SIMONE SERPENTINI