Nella riunione del consiglio comunale di Teramo di sabato 29 marzo 1958, dopo la breve cronistoria della costruzione del Teatro Comunale Ottocentesco di cui si proponeva l’abbattimento per far posto ad un nuovo edificio che ospitasse un nuovo cine-teatro e i magazzini Standa, e dopo l’illustrazione delle principali caratteristiche del progetto, il Sindaco Carino Gambacorta lesse la proposta di delibera che avrebbe messo prima in discussione e poi ai voti. Essa era costituita da sette punti. Il primo punto concerneva la demolizione dell’attuale teatro dell’Ottocento e di costruirne uno nuovo, da adibire a cinema teatro, della capienza di 1-300-1.500 posti a sedere, con una sala apposita da adibire a conferenze e ad altre riunioni culturali, della capacità di almeno 150 posti a sedere, e la costruzione di locali commerciali in parte del piano terra e del piano interrato, con ingressi propri ed uscite indipendenti, secondo le norme di sicurezza vigenti per la costruzione dei teatri e dei cinematografi. Il secondo punto concerneva l’affidamento della progettazione e della realizzazione dell’intera opera, completa di impianti, anche quelli di aria condizionata, ed attrezzature, in nome e per conto del Comune di Teramo, all’ing. Mario Fumo e all’avv. Nicola Storto, i quali si sarebbero assunti tutti gli oneri finanziari e tutte le responsabilità inerenti alla costruzione fino al collaudo dei lavori. Il terzo punto raccomandava che il costruendo edificio occupasse la minore area demaniale possibile in aggiunta all’area risultante dalla demolizione del teatro esistente, con le rettifiche ritenute necessarie. Il punto quattro riguardava la concessione all’ing. Fumo e all’avv. Storto dell’uso gratuito dell’intero costruendo immobile per 29 anni se la spesa complessiva fosse ammontata, sempre in riferimento al progetto approvato, di almeno 160 milioni di lire, con la riduzione di un anno per ogni 10 milioni di lire di minore spesa o frazione di 10 milioni, purché non inferiore a 6 milioni.
Con l’articolo 5 si prorogava la durata dell’uso della sola parte destinata a cinema-teatro e locali annessi, fino a raggiungere, in totale, 40 anni. Per il periodo eccedente la concessione gratuita l’ing. Fumo e l’avv. Storto avrebbero versato nelle case del Comune di Teramo, annualmente e anticipatamente, a titolo di riconoscimento della proprietà, mezzo milione di lire, mentre alla scadenza dello stesso periodo specificato all’art. 4 i locali commerciali sarebbero tornati nella piena e libera disponibilità del Comune.
Con l’art. 6 si impegnavano l’ing. Fumo e l’avv. Storto a restituire l’immobile, alle scadenze fissate, in buono stato di manutenzione così come gli impianti e le attrezzature, dignitoso avrebbe dovuto essere lo stato delle poltrone o sedie imbottite. Il settimo ed ultimo punto demandava alla Giunta l’approvazione del progetto esecutivo, sentito il parere della commissione edilizia, l’eventuale procedura di sdemanializzazione, le clausole contrattuali, anche riguardo la gestione del cinema-teatro, per le opportune e serie garanzie a favore del Comune, che si riservava la proprietà di tutto quanto si trovava al momento nell’attuale edificio, meno il materiale dell’immobile e gli elementi dell’impianto di riscaldamento a termosifone.
Finiti di leggere i 7 articoli della delibera messa in votazione, il Sindaco si apprestò a dare il via alla discussione dei consiglieri. Il pubblico presente nell’aula consiliare era folto e in silenzio, tutti erano curiosi di sapere quale sarebbe stato l’orientamento dei vari gruppi consiliari, anche se esso era noto nelle grandi linee, essendosi già espresse al riguardo le direzioni dei vari partiti. Nessuno dubitava che la proposta di demolizione del teatro e della costruzione del nuovo cinema-teatro sarebbe stata approvata larghi sisma maggioranza, se non all’unanimità. In tutti era caldo un solo voto: l’arrivo a Teramo dei Magazzini Standa. Esso avrebbe trasformato una città morta in una città viva, moderna. Sarebbero arrivati i prezzi fissi, sarebbero arrivati nuovi posti di lavoro, sarebbe scomparsa una topaia, con quegli inutili palchi dalle porte sgangherate e dalle poltrone assai malridotte.
Il commercio teramano avrebbe avuto una svolta decisiva, nulla sarebbe rimasto come prima.
Tutti erano pronti a far festa.
ELSO SIMONE SERPENTINI