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Un sogno inseguito per più di un secolo ma mai realizzatosi. E’ stato più di un sogno, un vero miraggio. Non era stata completata, o quasi, la ferrovia Giulianova-Teramo che già si pensava di proseguire la strada ferrata fino all’Aquila. La famosa ferrovia Teramo-Capitignano. In cento e più anni sono stati versati fiumi di inchiostro, ne hanno parlato tutti, politici, ministri, amministratori, sindaci, ingegneri, visionari, poeti... Sì anche poeti. Il poeta dialettale teramano Guglielmo Cameli già negli anni ’20 del passato secolo con lo pseudonimo di “Fortunello” dedicò alla sognata ferrovia versi su versi. Ogni volta sembrava cosa fatta e invece… Solo chiacchiere, mai fatti. Delle ferrovia fino all’Aquila non si mai costruito nemmeno un metro. Una volta che sembrò davvero fatta fu nel marzo del 1952. Il 25 marzo di quell’anno chi lesse un articolo de “Il Messaggero” davvero ebbe l’impressione che ormai la sognata ferrovia sarebbe stata davvero costruita. L’articolo del giornale titolava: “Assicurazioni della Cassa del Mezzogiorno per la progettata ferrovia Teramo-L’Aquila” Il sommario, prudentemente usava il condizionale e diceva: “Con questa realizzazione verrebbe rotto una volta per sempre l’isolamento cui oggi è costretta la provincia – Il carattere nazionale dell’opera e la sua denominazione – L’Appennino sarebbe traversato nell’unico punto possibile”.
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La buona notizia data dal giornale si basava su una lettura della Cassa per il Mezzogiorno che il presidente del consiglio provinciale aveva letto nell’ultima seduta. L’ente assicurava “la massima buona volontà” per realizzare l’opera. Il presidente Tarquini aveva informato i consiglieri che la Giunta Provinciale dell’Aquila aveva formulato voto favorevole alla costruzione della ferrovia e aveva invitato il consiglio a formulare un voto analogo. Diversi consiglieri intervenuti, diceva ancora “Il Messaggero” avevano formulato delle proposte. De Dominicis aveva espresso l’avviso che la costruenda ferrovia avrebbe dovuto denominarsi Teramo-Roma, non Teramo-L’Aquila, perché altrimenti si sarebbe “svisato” il carattere nazionale dell’opera. Insomma, non era ancora certo che ferrovia sarebbe stata costruita ma già si pensava a come avrebbe dovuto essere denominata. E se ne discuteva, perché il segretario dott. Cutitta fece osservare che la denominazione Teramo-L’Aquila era quella riportata dal progetta Romita. Il consigliere Di Paolantonio disse che la ferrovia doveva chiamarsi Adriatica-Tirrena. L’articolista de “Il Messaggero” sposava la proposta del consigliere Di Paolantonio: la ferrovia in questione doveva essere considerata il primo tratto dell’istituendo collegamento est-ovest, fra l’Adriatico e il Tirreno, che andava oltre gli interessi delle due provincia di Teramo e L’Aquila e quelli dell’intera regione abruzzese e del vicino Piceno. Costituiva un’esigenza di carattere nazionale e interessava soprattutto la Capitale, Roma, che era priva di un valido collegamento con l’ampia zona compresa tra i sistemi montuosi dell’Abruzzo e del Piceno. Ma dove doveva passare la ferrovia? Dove era preferibile valicare l’Appennino? Uno solo era il valico possibile, a una quota di 800 metri sul livello del mare e con una perforazione prevista della lunghezza inferiore ai quindici chilometri: sulla verticale del Gran Sasso, precisamente fra Isola e Assergi. Era la natura stessa, secondo il giornale, a indicare quella linea alla riottosa volontà degli uomini.
La ferrovia era destinata non solo a servire i territori che avrebbe attraversato e a dare effettivo incremento al traffico con la Capitale, ma avrebbe anche potentemente migliorato il sistema dei trasporti ferroviari fra il nord e il sud della penisola. Sarebbe stata il più rapido collegamento fra i due mari e fra due sistemi longitudinali esistenti sui due versanti: Bologna, Firenze Roma, Napoli e Bologna, Ancona, Pescara, Foggia, Lecce. La realizzazione avrebbe rotto una volta per sempre l’isolamento che costituiva “la ragione prima” della bassa economia della provincia teramana. Avrebbe… sarebbe… tutti condizionali. Il titolo dava delle speranze che poi il sommario e l’articolo a mano a mano a via di condizionali faceva impallidire. Si videro in seguito quanto valevano “la buona volontà” espressa alla Cassa per il Mezzogiorno e quanto valessero le sue “assicurazioni”… Della ferrovia Teramo-L’Aquila si tornò negli anni successi a parlare una miriade di volte, ogni volta invano. Se ne riparla anche oggi, se ne discute, si discute il tracciato, si discute la denominazione, ma si discute soltanto. Verba volant. Si fanno progetti… “volant” anche quelli. A terra non si vede un solo metro di nuova strada ferrata. Anzi… c’è chi propone l’arretramento del punto terminale della stazione ferroviaria e perciò della ferrovia esistente. Oh sì… intanto abbiamo un’autostrada che ha davvero valicato (per la verità perforato) il Gran Sasso, ma abbiamo anche un tratto autostradale Teramo-Mare che però al mare non ci arriva, perché si ferma prima, dove il mare non c’è, a Mosciano.

Elso Simone Serpentini