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IERIOGGIQuali erano le opere pubbliche ritenute più urgenti nella provincia di Teramo nel novembre del 1951? Quali dovevano essere prospettate come tali alla Cassa per il Mezzogiorno? Esse erano elencate e descritte in una precisa proposta avanzata dal consigliere provinciale Oreste Di Matteo, tesa ad ottenere un adeguato stanziamento di fondi ad integrazione di quelli già avuti, il cui importo era stato destinato quasi interamente alla realizzazione della strada pedemontana Rocca Santa Maria-Castelli. Era stato giusto puntare soprattutto su quell’opera, osservava il consigliere Di Matteo, come giusta riparazione dopo tanti anni di abbandono “verso contrade trascurate e neglette”, pertanto non si voleva in alcun modo metterla in discussione. Ma bisognava chiedere altri fondi per realizzare opere pubbliche altrettanto urgenti e non differibili, perché indispensabili allo sviluppo economico e civile del teramano, notoriamente depresso.Di Matteo proponeva quello che definiva “un piano concreto di opere pubbliche, senza gelosie e senza preminenze”, chiedendo alla Cassa per il Mezzogiorno ciò che per ignavia non era stato chiesto o era stato distolto o sottratto. Il finanziamento ottenuto dal Consorzio del Tronto doveva essere di insegnamento. “Il Messaggero” di giovedì 8 novembre 1951, nel dare la notizia della proposta del consigliere Di Matteo, con un articolo intitolato “Prospettare alla Cassa per il Mezzogiorno le più urgenti opere pubbliche del Teramano”, diceva di voler andare oltre quella proposta, ritenendo che le richieste alla Cassa per il Mezzogiorno non avrebbero dovuto essere limitate alla opere previste dalla Cassa stessa, ma dovevano riguardare anche tutte le opere pubbliche per le quali occorreva un finanziamento statale. La provincia di Teramo aveva una serie di problemi da risolvere, in attesa di una soluzione da anni. Tre erano i problemi chiave: la viabilità dalla montagna al mare, il completamento dell’acquedotto rurale e l’illuminazione elettrica nei centri montani. La provincia aveva un carattere prevalentemente agricolo e montano, perciò bisognava potenziare l’agricoltura e rendere accessibile ogni scambio con la montagna. Incrementando il traffico con la montagna, si sarebbero sviluppati il commercio e gli affari. Troppe zone di montagna erano prive di strade e il commercio avveniva ancora a dorso di mulo anziché con i camions. La gente di montagna, poi, attingeva acqua nei pozzi, che non sempre davano la dovuta garanzia igienico-sanitaria, e per l’illuminazione si serviva di candele e lumi a petrolio o a olio, andava a letto solo qualche ora dopo il crepuscolo. I casolari sparsi in zone assai vaste erano nidi di vivente umanità, appartati dal mondo, lontani da tutti e da tutto, in una solitudine sgomenta e deprimente. Molte vaste zone attendevano da anni un piano di bonifica integrale, ma ogni sollecitazione era rimasta lettera morta e c’erano state solo vane promesse.

Testade

La valorizzazione turistica della montagna teramana, si leggeva nell’articolo de “Il Messaggero”, avrebbe potuto far decollare l’economia della provincia, ma non si era mai andati oltre le discussioni e i progetti verbali, mai c’era stata una iniziativa decisa e persistente degli organi responsabili e delle autorità provinciali. L’articolo si concludeva dicendo che la proposta avanzata dal consigliere Di Matteo nulla conteneva della programmazione auspicata dal giornale, forse per una riserva mentale, ma gli altri  consiglieri avrebbero forse potuto “indovinarla e leggerla tra le righe ugualmente”. Nel sommario si metteva in evidenza quando scritto nell’articolo: “I finanziamenti finora ottenuti sono stati assorbiti dalla strada Rocca S. Maria-Castelli”. A distanza di 73 (settantatre) anni siamo costretti a segnalare che non sappiamo che fine abbiano fatto quei finanziamenti, perché la pedemontana Rocca Santa Maria-Castelli non è stata mai costruita, oggi non esiste e non se ne parla più da molto tempo. Inutile dire che anche la valorizzazione turistica della montagna teramana è un obiettivo mai raggiunto, e, se qualcosa è stato fatto nel campo dell’illuminazione pubblica e degli acquedotti, l’economia delle zone interne è ancora peggiorata a causa dello spopolamento dei borghi montani e dell’inerzia delle amministrazioni. Oggi le nostre montagne sono ancora più abbandonate e solo d’estate si registrano lodevoli iniziative tese ad una rivitalizzazione che dura meno dello spazio temporale di qualche mese estivo.

​​​​​​​​​​Elso Simone Serpentini