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IERIOGGINegli anni ‘50 (e anche dopo, non ricordo fino a quando), lungo il Corso, all’angolo con la via che portava al Cinema Teatro “Apollo”, era consuetudine che venissero esposti “i quadri”. Così venivano chiamate le locandine delle pellicole che sarebbero state proiettate quel giorno, a partire dal primo pomeriggio, esposte per dare un’idea a chi fosse interessato al film che avrebbero visto. Era consuetudine che fin dal mattino ci si recasse a vedere “i quadri”, per vedere se il film proposto era interessante o no e per decidere se andare a vederlo o no. Anche Il Comunale, dopo essere diventato cinema-teatro, esponeva i suoi quadri, e prima che i due locali fossero affidati ad un unico gestore (lo stesso dell’Apollo) c’era una certa concorrenza e quindi una sfida a chi proiettava i film più belli e quindi a chi esponeva le locandine (“i quadri) più attrattive.
Spesso davanti alle locandine ci si fermava a discutere con gli amici, per decidere se andare o no e dove andare, se al Comunale o all’Apollo. Insomma, si teneva una specie di cineforum preventivo, pregustando la visione se l’insieme delle locandine risultava particolarmente interessante. Quando all’Apollo - perché il Comunale non lo fece che molto tempo dopo - arrivavano le compagnie di varietà, le locandine esposte erano quelle che mostravano le ballerine, che, certamente, non indossavano nelle foto abiti da educande, ma costumi piuttosto succinti. Costumi che diventavano ogni volta sempre più succinti, perché, come si sa, l’occhio vuole la sua parte e bisognava attirare il maggior numero di spettatori possibili, per coprire le spese e magari guadagnarci qualche cosa. Così dai oggi dai domani… qualcuno, passando, cominciò a scandalizzarsi che nelle ore del passeggio pomeridiano e pre-serale lungo Corso San Giorgio fossero esposte delle scandalose foto di ballerine scosciate che mostravano ogni grazia di Dio.
Cominciarono le proteste, le lamentele dei benpensanti e, come si disse, la cosa arrivò perfino all’orecchio della Curia. Insomma… un bel giorno il gestore dell’Apollo, Ottorino Triozzi, sul quale si raccontavano cento divertenti aneddoti (uno raccontava che avesse detto che nel suo cinema si tollerava tutto e quindi era un cinema di tolleranza, un altro che al tempo della guerra aveva litigato con i tedeschi che pretendevano di entrare gratis – e questo era vero, documentato in carte dell’Archivio di Stato - si vide recapitare l’avviso di una denuncia. Qualcuno lo aveva denunciato per oltraggio al pudore, perché aveva esposto al pubblico le fotografie scandalose di ballerine con i costumi troppo succinti, praticamente nude.
Dovette metterci l’avvocato e dovette subire un processo. Non mancava chi voleva che fosse condannato a pene esemplari. Qualcuno diceva che, però, aveva osato troppo. Bene avevano fatto le guardie di pubblica sicurezza a sequestrare fin dal mattino quelle foto scandalose, prima ancora che il locale fosse aperto al pubblico. E bene avevano fatto a denunciarlo per quella scandalosa esposizione. Le beghine ne parlavano anche andando a messa, dubbiose se dire al proprio confessore di averle visto, anche se solo di sfuggita, passando… Avevano commesso peccato? Certamente il peccato lo aveva commesso Triozzi, anzi più che un peccato, aveva commesso un reato. E andava punito. Il processo si fece. In pretura.
L’esito fu annunciato da “Il Messaggero” martedì 7 febbraio  1953, con questo titolo: “Assolto a Teramo il proprietario di un cinema”.

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Nel sommario si leggeva: “Aveva esposto al pubblico fotografie di ballerine in costume succinto”. La motivazione dell’assoluzione era riportata nell’occhiello: “Perchè il fatto non sussiste”. L’articolo spiegava che il cav. Ottorino Triozzi, gestore dell’Apollo, non aveva esposto niente di diverso dai costumi che le ballerine in carne ed ossa avrebbero indossato la sera del debutto e quindi niente di scandaloso che uscisse fuori dal normale. Il Pretore, di buon senso, aveva compreso subito, fin dall’inizio del dibattimento, come stavano le cose. Nel 1953 facevano scandalo a Teramo le foto di ballerine in costume succinto… molti anni dopo, sul finire del secolo, nei cine-teatri, anche a Teramo e dintorni (al Comunale e al Cinema Teatro Livia di Garrufo) si esibivano ballerine impegnate in spogliarelli che finivano con il nudo integrale (ricordi la splendida Antonella, caro Franco Cavallin?) e non ci si scandalizzava più.
Venivano anche proiettati film porno, senza alcuna forma di censura e qualche locandina veniva pure esposta, con visione parzialmente coperta delle parti più… delicate delle attrici e delle ballerine. E nessuno si scandalizzava più di tanto, anche se qualche denuncia e qualche sequestro ci fu pure. Poi cessò anche questo fenomeno… e al cinema non ci andò più nessuno. Denunce non ce ne furono più. L’interesse si diresse altrove, anche quello dei pretori e dei giudici, era esploso il mondo dell’home-video. Poi scomparvero anche l’Apollo e il Comunale… Nacque uno Smeraldo, accanto ad uno dei fiumi di Teramo, ma, decentrato com’era, non entrò mai nel cuore dei teramani.
E soprattutto non c’erano più i “quadri” lungo il Corso, se mai qualche manifesto… triste e solitario, a cui pochi davano, e forse danno ancora oggi, uno sguardo indifferente.

ELSO SIMONE SERPENTINI