Nel 1955 Teramo era ricca o povera? Era normale che ci si ponesse la domanda. Era normale che se lo ponesse la stampa. Era normale che si andasse alla ricerca di indicatori, di ricchezza o di povertà. “Il Tempo” domenica 9 gennaio 1955 si affidava alla lettura e alla valutazione dei dati della Camera di Commercio, dai quali risultava che nella classifica generale dei consumi la provincia di Teramo occupava il 75° posto. Il reddito medio dei teramani era di 265 lire al giorno. L’agricoltura assorbiva la più parte della manodopera, i tre quarti. Questi dati venivano riportati nel titolo e nell’articolo. Anche tutte le altre attività produttive e gli scanni erano in gran parte al servizio dell’agricoltura ed avevano, di per sé, un’importanza molto secondaria, venivano svolte per lo più in forma individuale o familiare. L’attività manifatturiera si svolgeva in aziende industriali di piccole dimensioni e principalmente in forma artigianale. La materia prima era costituita da prodotti agricoli, boschivi e zootecnici o dai pochi elementi minerari locali, specialmente l’argilla. Le industrie erano principalmente mulini, pastifici, conservifici, segherie, fabbriche di imballaggio, lanifici, zuccherifici, fabbriche di laterizi, di maioliche e di terraglie, stabilimenti per la lavorazione della liquirizia. Era ancora molto diffuso l’artigianato, ma, fatta eccezione per alcune produzioni di carattere artistico, come le maioliche di Castelli, le lavorazioni erano modeste, sempre più ai margini della vita economica, non soddisfacevano i consumi attuali e non assorbivano molta manodopera. In conclusione, la provincia di Teramo, pur avendo comparti assai progrediti, quali la zootecnia e la pesca, presentava una certa depressione, tipica del meridione ed effettivamente con caratteri di povertà. Questo stato di cose trovava conferma negli studi del prof. Guglielmo Tagliacarne [Orta San Giulio, 1893 – Roma, 1979,uno studioso di statistica allora tra i più noti in Italia, docente universitario e segretario generale della Camera di Commercio di Milano] sui redditi privati e sui consumi delle province italiane.
In provincia di Teramo in agricoltura il reddito annuale era di 12.770 milioni, nella pesca di poco meno di un milione, nel commercio e nei trasporti di poco più di 9.000 milioni. Il reddito medio per abitante era di 97.000 lire, quello nazionale superava le 160.000 lire. Il reddito della provincia di Teramoera, rispetto al dato nazionale, lo 0,60 % in agricoltura, il 2,12 % per la pesca, per l’industria e il commercio lo 0,19 %, per i fabbricati lo 0,22%. Complessivamente, la provincia di Teramo rappresentava lo 0,33% del reddito nazionale, quella della popolazione lo 0,56%. Nella graduatoria dei redditi medi pro capite occupava il 65° posto, per il reddito complessivo l’85°. Nella graduatoria dei consumi occupava il 79° posto. L’economia provinciale, scriveva “Il Tempo” aveva fatto registrare un miglioramento per un
aumento della produzione agricola e zootecnica, stavano sorgendo nuove industrie, si erano sviluppati i traffici. In montagna miglioravano le condizioni generali grazie all’opera dei consorzi di bonifica montana, era in atto un grande processo di trasformazione degli allevamenti transumanti in stabulanti, mediante il miglioramento dei pascoli montani, ma specialmente con la diffusione delle foraggere nelle zone pedemontane, si affrontavano i terreni argillosi collinari con le sistemazioni dei calanchi, si studiava la possibilità di incrementare e regolare le irrigazioni a valle. Non restava che migliorare la viabilità, specie nella zona appenninica, per puntare ad una rapida affermazione del turismo.
Stando all’articolo de “Il Tempo”, c’erano, dunque, buone prospettive per l’economia teramana. Gli anni ’50 erano vissuti con prudente ottimismo. Chiunque può tentare un raffronto tra ciò che si sentiva in quegli anni e ciò che si sente oggi, chiunque può avvertire che, se c’era uno slancio che faceva molto sperare, esso si andò attenuando via via nel corso degli anni, con qualche successo, ma anche con molte frustrazioni, per non essere riusciti mai a raggiungere mete ambiziose e per avere spesso vestito i panni di Cenerentola nella diseguale distribuzione in Abruzzo tra le quattro province non solo delle risorse, ma anche dei sogni e delle speranze. La viabilità nella quale si sperava per la zona pedemontana è rimasta una speranza, l’affermazione del turismo c’è stata solo sulla costa e per brevi periodi, lo spopolamento delle zone interne è diventato una piaga dolorosa e il reddito medio dei teramani… sarà anche cresciuto rispetto al 1955 sarà anche aumentato, ma certamente rimane solo la soglia delle aspettative.
Elso Simone Serpentini