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IERIOGGISì, il Teatro ce lo avevamo. Nel 1897 ce lo avevamo da 29 anni. E lo avremmo avuto ancora per 62 anni. Però… dobbiamo dire la verità, al di là delle facile esaltazioni ed essere rispettosi della verità storica. Benché il Teatro ce lo avessimo, non era sempre e tutto rose e fiori. In alcuni anni, meglio in alcuni periodi, allestire una stagione teatrale che si rispettasse non era facile. Così la stampa teramana ogni tanto si lamentava. Il “Corriere Abruzzese” del 12 gennaio 1897 faceva presente che ogni tanto delle persone di buona volontà si mettevano nell’improbo lavoro di vedere se si poteva o non si poteva schiudere i battenti del “nostro Comunale”. Non bastavano le disillusioni patite, non bastavano le offese ripetutamente recate alla città o con spettacoli impossibili o con catastrofi finanziarie per le quali gli artisti erano partiti maledicendo i teramani. Tutti gli anni si era da capo con proposte di stagione teatrale di dubbia riuscita. Quell’anno, però, il sindaco si era messo “a porte di ferro”. “Volete il teatro?” aveva detto. “Datemi 1.500 lire di cauzione, poi vedremo…!” Chi poteva dargli torto? Dopo i fatti vergognosi dell’anno prima, quale amministrazione poteva avere il coraggio di far aprire il teatro senza cauzione? Forse per ingannare le gente? Gli habituès del teatro erano pochissimi, nell’ultima breve stagione della compagnia Pieriboni, le ultime sere si era in teatro in 40 o in 50. E dire che la compagnia aveva dato delle novità che in altre città avrebbero richiamato una gran folla. In tutti gli spettacoli di musica, la sera pari era una sicura rimessa per l’impresario. Come si poteva dunque pretendere di avere una stagione teatrale? Bisognava attendere tempi migliori per poter avere un buon spettacolo in musica e si sperava che per l’inaugurazione dell’acquedotto il Comune avrebbe potuto dare una scorta. Il giornale nella sua pagina di cronaca cittadina pubblicava un’ultima ora: il Teatro era stato richiesto dalla compagnia Variale, specializzata in commedie dialettali e vaudevilles e attualmente si esibiva in un teatrino di Chieti, il Barattucci. Prendendo le opportune garanzie, si poteva provare a fare anche questo tentativo.

​Ah, i teramani, sempre uguali… rimpiangono il Teatro ora che non l’hanno più e quando ce l’avevano ogni anno era un problema tenerlo aperto. Si preparano a rimpiangere il teatro orache se lo vedranno chiudere per un bel pezzo, e non ne hanno preparato un altro di riserva, ma intanto quando ce lo avevano a volte litigavano due impresari per averlo a volte non lo voleva nessuno, a volte lo affollavano in massa, altre volte andavano in pochi. I teramani… sempre uguali. Intanto in quel gennaio del 1897 si aspettava il nuovo secolo, che avrebbe portato non solo l’acquedotto, ma anche la luce elettrica, perché nel 1897 ancora non c’erano né l’uno né l’altra. Ma c’erano le malattie uterine e per curarle una pubblicità consigliava di andare a Rosburgo-Montepagano, presso la Casa di Salute Olivieri. Ovviamente si erain tempi di sanità privata, perché quelle pubblica era ancora tutta da venire e le liste di attesa non si sapeva che fossero se uno aveva i soldi per pagare le visite, “le consultazioni”, come si chiamavano allora, che si facevano il martedì, il giovedì e il sabato, dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18. Per “schiarimenti” si poteva chiedere il programma, ovviamente non per telefono, perché Antonio Meucciaveva già depositato il brevetto di un “telegrafo parlante” 26 anni prima, il 18 dicembre 1871, e ne erano passati 20 da quando i fratelli Gerosa avevano attivato, per primi in Italia, una linea tra due apparecchi, che metteva in contatto una caserma dei pompieri con la stazione di Porta Venezia della tranvia interurbana di Monza, ma sarebbe passato ancora del tempo prima di avere un servizio telefonico, e ancora di più per averlo a Teramo.

Tewa

Intanto ci si consolava con qualche buona notizia: il maestro cav. Michele Bozzelli, stava per partire da Brindisi, dove si era fatto molto apprezzare, e stava per tornare a Teramo e riprendere la direzione della banda comunale. Il viaggiatore della rinomata casa Alfredo Moroni di Ancona, il sig. Geminiano Morandi, poi, stava per fare contente le signore teramane, sarebbe presto arrivato con il suo ricco campionario di stoffe e confezioni, sia di propria fabbricazione che delle principali case di Parigi e di Berlino. Sarebbe rimasto a Teramo, alloggiando all’Albergo del Pellegrino, almeno una settimana ed era incaricato anche per “il regolamento dei conti”. Ma in quel mese di gennaiom in cui si disperava di poter riaprire il Teatro Comunalem i teramani ancora non sapevano che di lì a qualche mese, a partire dal mese di maggio, lo avrebbero riempito tutte le sere, entusiasmandosi per la novità del momento: il sig. Meoli sarebbe arrivato in città a proporre bizzarri “esperimenti di cinematografo Edison”, proiettando “L’arrivo del treno in una stazione”, “Una madamigella al bagno” e “L’arrivo dello Czar a Parigi”. Qualche lieve tremolio non avrebbe scontentato gli spettatori e una sera ad una numerosa schiera di studenti accompagnati dal proprio professore di fisica il sig. Meoliavrebbe dato spiegazioni sul funzionamento del cinematografo. Il “Corriere Abruzzese”, al solito, avrebbe avuto da ridire: ma per quelle cose lì, non sarebbe stato meglio, anziché il Teatro Comunale, adibire la “sala comunale”?

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ELSO SIMONE SERPENTINI