All’Apollo davano “Pick nik a Rocch Ring”. Ma in realtà il titolo esatto del film, australiano, era “Picnic ad Hanging Rock(Il lungo pomeriggio della morte), del 1975 diretto da Peter Weir. Allo Smeraldo davano “Mio figlio Nerone”, un film ancora più vecchio, del 1956, diretto da Steno con Albero Sordi nei panni di Nerone. Il titolo del film che davano al Comunale non era pervenuto. William Di marco, all’epoca assai giovane, scriveva della delusione della Rosetana nel campionato di Promozione che stava per terminare senza il raggiungimento dei risultati sperati. Ma la notizia più importante del “Il Tempo” del 19 aprile 1982 era quella della morte di Giancamillo Rossi, “il re delle marionette”, morto a Pescara, che il giornale definiva “uno dei personaggi più popolari della Teramo di trent’anni fa, da lui tanto amata”, dove si era affermato ancora giovanissimo tra i più promettenti scultori e che era stato costretto ad abbandonare nell’immediato dopoguerra per cercare altrove i mezzi per continuare a vivere ed operare nel campo dell’arte. Di ingegno assai versatile, scriveva “Il Tempo”, Giancamillo Rossi aveva rappresentato per oltre venti anni una delle presenze più vive e stimolanti del mondo artistico teramano, spaziando dalla pittura alla scultura, dal giornalismo al teatro. Aveva dato un contributo determinante come scenografo, come attore e come regista al teatro GUF (Giovani Universitari Fascisti), uno dei sette teatri sperimentali italiani, sorto a Teramo dalla passione dei fratelli Pietro, Giovanni e Vittorio Boccabella. La sua conoscenza del palcoscenico gli permetteva di disegnare e realizzare scene e costumi, laterali e fondali, cieli, panorami e soffitti, e inventare macchine di scena ingegnosissime. Anche la cartapesta non aveva per lui segreti e negli ultimi anni era venuto acquistando meritata fama come costruttore di marionette, presente nelle più importanti mostre in Italia e all’estero. Aveva anche partecipato a trasmissioni televisive. Era morto mentre stava lavorando alla costruzione di un piccolo teatro tutto suo.Giancamillo Rossi era nato come Camillo (Giancamillo era un nome con cui si faceva chiamare per un suo vezzo) a Bari l’11 dicembre 1907 ed era arrivato a Teramo nel gennaio 1933 quando suo padre era stato nominato rettore del Convitto Nazionale “M. Delfico”. A Teramo era rimasto fino all'ottobre del 1945, eccezion fatta per il periodo trascorso sotto le armi, dal 26 agosto 1943 al 27 maggio 1944. Era tornato a Chieti, sua città natale, ma aveva conservato legami con Teramo, dovec’erano tanti suoi amici e collaboratori, come Giobatta Antonelli, Fernando Aurini, Nella Bartoli, Felice De Luca, Maria Di Paolo, Gino Gemignani, Luigi Maggio, Elena Nardini e Franco Sisino. Nel giugno del 1948 era tornato a Teramo e aveva recitato al teatro Comunale ne “La fiaccola sotto il moggio” di Gabriele D'Annunzio, con la compagnia di Lamberto Picasso. Nel 1958 si era trasferito a Pescara, dove era morto il 27 febbraio 1982. “Il Tempo” del 19 aprile 1982 si rammaricava di non aver potuto dare prima notizia della sua scomparsa a causa degli scioperi dei poligrafici. Giancamillo Rossi fu uno dei protagonisti di una stagione culturale di livello tale da non essersi più replicato negli anni successivi. Una stagione assai prolifica e piena di entusiasmo e fa male pensarci nel constatare l’attuale livello culturale teramano, mai così basso, senza un teatro, senza una sala convegni degna di questo nome, con iniziative esangui o di poco spessore. Il gioco dello ieri ed oggi non risulterà mai così drammaticamente penalizzante dell’oggi, a vantaggio di ieri, quanto risulta nel ripensare a quella stagione che vide in Giancamillo Rossi un protagonista.
ELSO SIMONE SERPENTINI