Bella questa storia della rana bollita.
Rimanda a un esperimento del 1882 dell’università John Hopkins di Baltimora, quando un gruppo di ricercatori mise una povera rana in un pentolone d’acqua bollente; la bestiolina tentò di salvarsi saltando fuori dalla pentola.
Di qui l’idea: per bollire la rana, bisogna partire da una pentola d'acqua fredda, metterla sul fuoco e riscaldarla lentamente; pian piano che l'acqua diventa tiepida, la rana la trova gradevole; la temperatura sale e l’acqua è sempre più calda; la rana gradisce questo calore ma, pur iniziando a stancarsi non si spaventa; quando l’acqua diventa però troppo calda, la rana la trova molto sgradevole, ma è tanto debole da non avere la forza di scappare dalla pentola; così sopporta e non si muove; la temperatura sale sempre più, fino a quando la rana è morta, bollita appunto.
Anni dopo, il filosofo Noam Chomsky ha sviluppato tale paradosso, per descrivere come i popoli finiscano per assuefarsi al degrado, alla scomparsa dei valori e dell'etica condivisi, alla menzogna sistematica e sistemica, fino a essere incapaci di ribaltare le condizioni in cui vivono.
Un paradosso da tenere presente, in tempi in cui la morale (intesa come comportamento) è libero arbitrio; la verità è interessata invenzione; la parola è strumentale e non strumento; l’abitudine è assuefazione e non condizione; la cittadinanza è sudditanza e non privilegio; l’informazione è Carosello e non diritto.
Intanto la rana è cotta..
AMLETO