Hai voglia a dire "in house" (cioè che un'azienda è entrata a far parte del tuo patrimonio); hai voglia a parlare di assestamenti economici e finanziari, e pure di efficienza, efficacia, puntualità. E hai voglia a ripetere che ora ci sono le condizioni perché "sia promossa la cultura della prevenzione, della riduzione dei rifiuti, dell'importanza della raccolta differenziata e del riciclo", eccetera eccetera eccetera. Questa è la narrazione, la favola a beneficio dell'immagine costruita; quando la verità è un'altra e la tua città è sempre sporca, in alcuni casi perfino maleodorante, la favoletta si trasforma in preoccupante realtà e si capisce perfettamente che c'è del marcio (e non solo nella mia Danimarca..).
Non è forse vero che, dopo aver camminato per le strade della derelitta città, quando torni a casa, il primo irrefrenabile impulso è di cacciarti le scarpe, dirette vittime dell'ignominia privata e pubblica? Sì, perché si sono barcamenate tra cartacce, pacchetti di sigarette, lattine, cicche, sputi, piscio di cane (imperante nella sua silenziosa pervasività), fazzoletti sul cui utilizzo preferisci sorvolare, avanzi di cibo, vomito o tracce di esso, cacca dell'amico dell'uomo o le paradossali bustine colorate in cui a volte questa viene deposta (forse per sentirsi in pace con la coscienza) prima di essere igniminiosamente abbandonata lungo la via, oggetti più o meno grandi eclissati nei crocicchi; insomma, un putridume indegno di una città che rispetta se stessa. È vero: tutto questo è innanzitutto colpa della inciviltà di una fetta evidentemente non trascurabile degli abitanti, però è deprecabile che chi è chiamato a curare la pulizia e il decoro della città sembra invece folgorato da preoccupazioni proprie di un amministratore delegato, che evidentemente è più attento che tornino i conti e non che le cose si facciano per bene. Sento già chi obietta che è difficile fronteggiare tali comportamenti, spesso perpetrati in maniera nascosta ma in questo caso mi viene una prima risposta, tanto immediata quanto semplice. Si sistemino più cestini: nei bilanci comunali possono essere scovati un po' di spiccioli per aiutare i comportamenti dei cittadini; e poi si rispolveri l'antica figura dello spazzino che girava per le strade armato di scopa e bidone e le teneva pulite. Naturalmente si tratta di soluzioni empiriche, facili; ma la questione non è riducibile ai comportamenti indegni dei cittadini senza civile cittadinanza, non va circoscritta ad episodi o atteggiamenti. Sta nella considerazione e quindi nella reale funzione del servizio di gestione dei rifiuti. Che non può essere primariamente concepito con criteri ragioneristici. È più articolata, complessa e sfiora l'idea che si ha di città, e accarezza il percorso da perseguire per far sì che il posto dove si vive diventi un luogo davvero condiviso, realmente in evoluzione, sinceramente comune, autenticamente di elezione. E forse la fregatura sta proprio in quest'ultima parola.
AMLETO