La questione è: la stanchezza.
Sempre le stesse parole, le già viste fotografie, le già ascoltate interviste, le ripetutissime fandonie; sempre e ancora il nauseante dolciume della captatio benevolentiae, la irritante litania della solidarietà d'occasione, l'avvilente nenia dell'amicizia di professione.
La questione è la stanchezza.
Che susciatano quelle pose da onnivoro che si nutre di vecchi e bambini, che lucra sulle cerimonie, che primeggia sui primati altrui, che favoleggia sulla disperazione e dispera sulle frottole. Già, la stanchezza.
Quella di chi assiste alle spettacolo magnificato del nulla e continua a stupirsi dell'irrisolto; quella di chi vede esaltare l'ovvio, lo scontato fatto male e si domanda come sia possibile far passare per leggendarie alcune misere storielle.
La stanchezza: quella di chi ci aveva creduto e invece ha scoperto il re nudo; di chi aveva sperato e s'è ritrovato vittima delle sue stesse aspettative; di chi misura il vecchio e fa i conti con il finto nuovo; di chi ha la prova provata dell'interesse minuto, unica traccia del potere.
La questione è la stanchezza.
Come quella dei collaboratori che scappano, come quella dei sodali che indietreggiano, come quella degli amici che piangono la delusione.
La questione è la stanchezza.
Figlia di una informazione tossica e senza notizia, usata a misura; di una politica flaccida e senza presente; di una imbecillità senza vergogna; di una ragione senza guizzi e di una vergogna senza imbarazzi.
La questione è la stanchezza.
Quella dell'avvilente spettacolo della stupidità ridotta ad arma, dell'ignoranza brandita come clava, dei menestrelli stonati e con filastrocche indegne.
Sì, la stanchezza.
Che provoca distacco, repulsione, irritazione, fastidio.
La stanchezza, che fa rima con affaticamento, fiacchezza, indebolimento, sfinimento.
Fine.
AMLETO