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È uno spettacolo mesto, quello del risveglio di questa città.
Parlo del risveglio mattutino, quello che ogni giorno coinvolge lavoratori, studenti, pensionati, uomini, donne, bambini, tutti; uno spettacolo che ci consentiva un tempo, di vedere come lievita ogni giorno una comunità nel suo organizzarsi, dipanarsi, nel suo aprire gli occhi e lanciare lo sguardo non solo verso le attività dei singoli ma anche verso lo spazio, i luoghi, le persone che la compongono.
E che oggi, invece, è la manifestazione chiara delle condizioni dimesse e rassegnate di chi non ama più il luogo dove vive ma soprattutto del luogo stesso.
A girare per le vie e le piazze ad inizio giornata, si nota, ad esempio, la scomparsa di quella allegrezza e di quelle grida simpatiche con le quali gli studenti si salutavano tra loro e preparavano la giornata scolastica; di scuole ne sono rimaste pochissime, d’altronde, e lo spettacolo di una gaiezza esplodente e piacevole, langue tra le pieghe di androni vuoti, di indirizzi incerti, di impalcature prepotenti.
C’è il passo già stufo e rassegnato, al mattino, dei pochi pedoni che si incrociano lungo le vie: non fuggono, non corrono, quasi tutti col capo chino; è quanto di più mesto e scoraggiante si possa immaginare in uno spazio urbano d’altronde impoverito, intristito, ridotto a mero contenitore di luoghi traditi, più che di emozioni e passione.
Si vedono impiegati senza vivacità, in quelle ore, persone nelle quali non leggi più il fermento di chi muove economia, società, comunità; d’altronde il ristagno della vitalità genera silenzio.
Ci sono auto e guidatori che girano e girano, poi, nella speranza di incappare in uno spazio adeguato dove fermarsi e per oggi è fatta… uno spettacolo di famelica vaghezza; d’altronde è ciò che accade quando si riduce una città a garage.
Si incrociano extracomunitari che sin dalle primissime ore del mattino, ai crocicchi delle strade porgono il cappello o provano a rifilarti un oggetto di finta utilità pur di intascare la misera contropartita in moneta.
E’ il destino assurdo di chi viene ospitato per pura scempiaggine ideologica.
Ad eccezione dei bar, e di qualche negozio d’artigianato cinese, le vetrine sono spente e fanno da corona alle infinite saracinesche abbassate; d’altronde i commercianti storici in centro, sono gli ultimi eroi.
Così, oggi, la sensazione che ho provato nell’abbracciare questa città, è di tristezza, di abbandono, di vuoto, di mutazione.
Ma anche di sporcizia, di isolamento, di inedia.
E siamo solo al mattino...
AMLETO