Sta cambiando Teramo? Prima di provare a dare una risposta, é forse necessario capire cosa si intende con quel termine, con “cambiamento”. Per dare una minima parvenza di serietà a questo esercizio, sono andato a curiosare in un dizionario e ho trovato la seguente definizione: “Sostituzione o avvicendamento che riguarda in tutto o in parte la sostanza o l'aspetto di qualcosa o di qualcuno”.
Beh direi che ci siamo: l’aspetto di questa città è profondamente cambiato.
Però io non faccio riferimento al cambiamento strutturale degli ultimi 10-15 anni, che pure con tutte le modifiche, innovazioni o cancellazioni, ha interessato la mobilità pedonale e dei veicoli, la fruibilità degli spazi comuni, il disegno urbano, la funzione di edifici pubblici e privati.
No no, questi cambiamenti sono davanti agli occhi di tutti e non serve parlarne; basta confidare nella sensibilità del cittadino.
Di un cambiamento più profondo, intimo, epocale; dico: di un cambiamento di sostanza, come scritto nella definizione appunto.
Dappertutto è spalmato un nuovo principio della città, modificata nella sua essenza.
Ovunque c’è un’altra pelle, non dico migliore o peggiore, ma diversa.
Non vi annoio con un esercizio nostalgico ma una certa aria non c’è più; una particolare identità non c’è più; un peculiare carattere che ci faceva teramani s’é perso, e in fondo stare qui é come stare in qualunque altra città di provincia.
C’è una novità troppo nuova, un sapere troppo diverso, che hanno cambiato il sentimento di una realtà che viveva in una armonia dei contrasti economici e di classe e perciò si alimentava di una quotidianità complice e solidale.
Oggi si sta chiusi nelle case, immagine calzante del rifugio in spazi rassicuranti e ripari iper-personalistici; si vive la città come luogo non più di appartenenza ma di mero servizio, spinti in ciò, forse, anche da nuovi residenti o ospiti che nessun legame hanno con la nostra storia, le nostre tradizioni, il nostro sentire.
E qui ci si aspetterebbe una politica alta.
A me pare di vedere uno scorrere del tempo e con esso degli spazi, dei luoghi, segnati dall’indifferenza sociale e dalla distrazione della classe dirigente. Perciò la crisi del commercio, quella del turismo, dell’economia, della cultura e ancora della Coppa Interamnia, del Premio Teramo e di tutto ciò che non brilla più.
È come se si fosse spenta una luce che ci rischiarava e, nel buio, tutto ciò che era nostro sta cedendo il passo ad altro e ad altri.
Proprio come nella definizione di sopra: “Sostituzione o avvicendamento…”
AMLETO

