Un tratto innegabile della provincia è questo: tutti ci conosciamo e riconosciamo; ciascuno di noi ha già visto l’altro, anche quando non ci si saluta perché mai ci si è presentati. Ora mi accade sempre più spesso che incrocio qualcuno della mia età e noto che stiamo invecchiando: chi ho conosciuto e chi no. Tutti coloro che ho visto ragazzini e poi adolescenti e poi maturi e poi adulti. Stiamo cambiando; nei tratti del viso, nello sguardo un po’ scontato, nella rassegnata lentezza; e perciò, pare che il tratto distintivo, quello che ci dava una riconoscibile identità, diventi ora una specie di appiglio per un muto e calmo appello, come se volessimo dire : “Io sono così, ora non ho più bisogno di affermarmi ma ho l’imperativo di guardarmi intorno”. E allora, quando incrocio qualcuno e mi colpisce il cambiamento del viso, mi chiedo se la cosa sia speculare: se anche l’altro è colpito dal mio cambiamento, se anch’io appaio mutato.
D’altronde il tempo passa e noi ci stiamo dentro.
Già; così come stiamo dentro il luogo in cui viviamo, stiamo dentro le case, le strade, le piazze e dentro le storie, i fatti, la storia; insomma, stiamo dentro tutto ciò che ha fatto da quinta al teatro della nostra vita, agli eventi che ricordiamo, alle vicende di cui siamo stati spesso spettatori e talvolta artefici. E se così è, allora possiamo dire, anche con un pizzico di emozione, che la nostra città siamo noi. In tutti questi anni l’abbiamo presa per mano noi (con maggiore o minore consapevolezza) e l’abbiamo costruita o decostruita, sviluppata o negata, a nostra immagine, a immagine della individualità che affermiamo e della comunità che siamo. Nel tempo siamo cambiati, ma abbiamo implicitamente ed inesorabilmente cambiato anche la città, col nostro impegno, con la nostra passione oppure con l’indifferenza, l’interesse, la disaffezione.
Una volta lessi su un muro una lapidaria sentenza: “Questa città è brutta come voi!”. Non so se sia così ma è quel “come voi” che fotografa il passato e ci inchioda al futuro, ci smaschera, ci toglie ogni alibi. Questa città è come noi, si: ha gli occhi con cui guardiamo, ha la nostra voce corale, ha le mani che costruiscono, ha l’intelligenza di coloro che la guardano e la stoltezza di coloro che la usano. Ha quel che abbiamo fatto, di noi e per noi; e inevitabilmente di essa e per essa. E così, mentre tutti invecchiamo, la città cambia. Come la sua voce: stridula o squillante, sommessa o urlante, compiaciuta o timida, libera o costretta.
Mentre noi avanziamo negli anni, guardandoci stupiti.
AMLETO

