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Screenshot_2025-10-12_alle_21.20.01.pngLe chiamano scie chimiche, con quella diffidenza antica che nasce quando si dimentica di sognare. Guardano il cielo e vedono minacce, formule segrete, complotti sospesi nell’aria. Eppure basta cambiare sguardo per capire che quelle striature bianche, che si dissolvono lente sopra l’orizzonte, non sono veleno ma tracce di viaggi, fili di destino, ragnatele d’umanità in movimento. Sono le rotte invisibili dei sogni, le linee che uniscono chi parte e chi torna, chi attende e chi ricorda. Ogni scia è una promessa lasciata dietro un aereo che attraversa il tempo: dentro, qualcuno stringe un biglietto e un pensiero, un addio, un inizio, una speranza da portare altrove. Nel cielo teramano, nella foto inviataci da un lettore preoccupate, le scie si incrociano come pensieri che si sfiorano, come mani che non si toccano ma si cercano. Formano una trama fragile e luminosa, una mappa del desiderio umano di andare, di superare confini e nuvole, di sentirsi parte di qualcosa che si muove sempre, anche quando la terra resta ferma. Non sono chimica, ma chimere: sogni che si incrociano sopra le nostre teste, promesse che non atterrano mai. Ogni volta che le guardiamo, dovremmo ricordarci che dietro quelle linee bianche non c’è un mistero da temere, ma una storia che vola