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Ancora un Alfonso Sardella d’antan, che legge una sua poesia, “San Braà, pènzece tu”, al Teatro Comunale di Teramo, il 19 giugno 1993.. Il “poeta da marciapiede”, come amava definirsi, era anche un bell’animale da palcoscenico, e quando recitava le sue poesie sapeva suscitare emozioni, strappare un sorriso, quando non una risata, e rievocava anche i momenti drammatici della sua infanzia con divertente e divertito sarcasmo. In particolare, in questa poesia, davanti ad un pubblico incantato e ad una Mirella Lelli che da presentatrice, davanti al sipario rosso chiuso, chiosa i versi con commenti spiritosi con i quali alleggeriscono il peso di una memoria del passato che fa ancora male. La mamma si lamenta perché, a causa di un momento di distrazione, la gatta di casa si è mangiata la carne che doveva essere cotta per la cena e ora dovrà ricorrere ad arti magiche, poche a causa della miseria e della scarsità di risorse, per non far restare senza cena  il marito e i due figli ancora piccoli. La povera donna sbraita con la vicina e intanto pensa a come e a che cosa potrà fare per rimediare al guaio, e la prima cosa che le viene in mente di chiedere aiuto ad una vicina, alla quale chiede in prestito qualcosa. E’ ancora una società basata sul buon vicinato e governata dal vicendevole scambio, non ancora corrotta dalla indifferenza verso gli altri.

ELSO SIMONE SERPENTINI

Sanbraa