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davidedigiuseppe1Da Faremusika… a Sanremo young. E’ la storia di Davide Di Giuseppe, nato a Sant’Omero il 20 febbraio 1994, ex allievo della scuola di Nicoletta Dale a Teramo e studente al biennio jazz al conservatorio Casella di L’Aquila che, nel dicembre 2017, ha vinto l’audizione indetta dal maestro Diego Basso e in qualità di batterista è entrato stabilmente nella sezione giovanile dell’Orchestra Ritmico Sinfonica Italiana, impegnata nella prima edizione di Sanremo Young ed attualmente presente nella seconda. Certastampa l’ha intervistato.

Cos'è per te la musica

«La musica è una lingua universale. Non tutti riescono a parlarla, ma tutti riescono a comprenderla. È arte dei suoni, metafisica, qualcosa che non puoi toccare ma che è presente costantemente e perpetuamente nella nostra vita. Inoltre assume una connotazione d'eternità: una bella musica o un bel brano possono davvero rimanere per sempre e continuare a piacere nel tempo. Più tangibilmente, la musica è comunicazione ed espressione. Il mondo commerciale della musica odierna tende spesso a rovinare questo aspetto, ponendo più accento sulla fruibilità e sull'aspetto ludico e spettacolare, che se pur valido, deve rimanere secondario. È importante sapere che la figura del musicista sta perdendo sempre più valore».

Cos'è per te la batteria?

«La batteria è la sintesi moderna dello strumento primordiale! Dopo aver imparato a modulare la propria voce con il canto, l'uomo deve aver percosso un tronco cavo e deve essergli piaciuto il suono... Almeno credo sia andata così. Ed ha dunque cominciato a batterlo mentre cantava: la prima batteria! Questa credo sia la causa dell'attrazione istintiva che spesso hanno i bambini, ad esempio, verso il mio strumento. È più tecnicamente lo scheletro su cui si costruisce la musica ed il ruolo del batterista è fondamentalmente quello di far suonare meglio gli altri suonando timbricamente il tempo musicale. Credo che questo ruolo di "aiuto" per gli altri musicisti sia ciò che davvero amo del mio strumento e che mi rende l'onore e l'onere di responsabilità al riguardo».

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A che età hai scoperto la passione?

«La passione per la musica non ricordo da dove nè quando sia partita. Da che io abbia memoria mi ha infestato l'esistenza, per fortuna! La passione per la batteria è iniziata invece all'età di 13 anni circa, quando tenevo il tempo a mio padre che suonava a casa. Mi accorsi che sapevo portare il tempo molto bene. Di lì a poco mio padre (un talent scout!) mi regaló la mia prima batteria su cui imparai autonomamente i primi colpi e successivamente mi iscrissi presso Faremusika. Poi l'ammissione in conservatorio, l'entrata nell'orchestra del maestro Diego Basso e la laurea triennale con votazione di 110 e lode in batteria jazz al conservatorio. Attualmente sono iscritto al biennio magistrale di batteria jazz, sempre a L’Aquila»

Qual è il tuo sogno nel cassetto

«il mio sogno, al di là del progredire sempre più nella mia professione, è quello di conoscere il più possibile luoghi, abitudini, colori, persone grazie al mestiere musicale. In questo modo viene donato senso profondo alla musica, che si rende così fautrice della tua stessa vita. D'altronde chi è musicista lo sa, in musica quel che fai diventa inevitabilmente quel che sei».

A quale batterista ti ispiri?

«Ho parecchi idoli batteristici. Il primo in assoluto per la sua versatilità, che cerco di imitare al meglio, è Vinnie Colaiuta. Sono un po' "vecchia scuola" e mi ispiro a Tony Williams ed Elvin Jones, a Steve Gadd, a John Bonham, a Carlos Vega. La batteria è peró evoluta incredibilmente negli ultimi anni. Batteristi come Benny Greb e Mark Guiliana hanno superato le possibilità che avevamo fino a poco tempo fa. Oggi Ash Soan, Chris Coleman e Nate Smith, per finire a tutto il movimento new soul, stanno riscrivendo la sonorità batteristica ed io ne sono profondamente incuriosito! Sempre ricercare, sempre muoversi».

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