Non è stata solo la rappresentazione della via Crucis. Quella che hanno messo in scena i cittadini di Miano, è stata di più. E' stata molto di più.Come accade solo quando il cuore si sente libero di generare emozioni, quella che ha visto partecipare in pratica tutto il paese è stata, appunto, una grande emozione collettiva, che si è fatta pura commozione, in tanti dei momenti. Perché Miano non stava celebrando solo le ultime ore del Cristo, ma stava riaffermando il proprio essere comunità, il proprio saper resistere a tutto e a tutti, rinnovando sempre quell'unità che ne fa un luogo dell'anima. In questo  evento vero e proprio, organizzato dal Comitato Parrocchiale di Miano con a capo Padre Salvatore (frate del Santuario della Madonna delle Grazie), c'era anche un silenzioso grido di dolore. A Miano non c'è più una chiesa. O meglio: c'è, ma  è inagibile dal terremoto (e nessuno sembra far niente per restiturla al culto).

La messa della domenica viene celebrata in una scuola e quando c'è da piangere qualcuno che se ne è andato, il funerale bisogna andare a celebrarlo a  Teramo. Una situazione che addolora molto la comunità... che in ogni altra realtà si sarebbe probabilmente sfaldata, avrebbe perso quella rete di interconnessioni emotive ed emozionali che la rendono una vera e propria  comunità. Miano no. Miano resiste. Perchè a Miano non si abita, a Miano si appartiene.Un'appartenenza vera, di anima e di cuore, di tradizione e di verità, che sa di famiglia e di casa e che  ogni anno in occasione del Natale e della Pasqua, si rinnova organizzando le splendide rievocazioni del Presepe vivente e della via Crucis.