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82E00866 402D 4A34 A68E 7A317D8DBF66Ponziani se ne è andato. Teramo, in questo momento, non ha un assessore alla Cultura. Nella “squadra di governo” della città (termine mai utilizzato in maniera più inappropriata, visto che mai si crea una “squadra” tra chi governa) manca il responsabile della Cultura. Lo scrivo al maiuscolo, perché la Cultura è, da sempre, il grande assente in città, il fantasma eternamente evocato, il punto nodale di un discorso amministrativo che poi, in realtà, quel nodo non lo stringe mai. Non citerò, per risparmiare al lettore inutili sofferenze, di ricordare gli anni infelici e infausti dell’assessorato di Francesca Lucantoni, costretta dall’allora dominante “gattismo” a sedere, nella sua prima esperienza politica, sulla poltrona di un assessorato che avrebbe dovuto dare “una nuova idea di città” attaccando - senza dirlo - quello che era stato tutto il progetto culturale di Di Dalmazio, ovvero dell’eterno nemico del Gatto maximo. In realtà, l’unica cosa che venne attaccata fu “Bastià”, in quello che resta (e probabilmente resterà per sempre) il peggior Capodanno pubblico teramano della storia. Ma è acqua passata. La Lucantoni non fa più politica, Gatti nemmeno (ma quando lo dice non ci crede neanche lui), di Bastià non abbiamo notizie, ma in compenso ci “attacchiamo” noi. Noi che abbiamo sempre pensato, con il cuore puro di chi nutre una speranza sincera, che davvero una rinascita culturale potesse salvare Teramo dal baratro sul quale, da tempo, ci affacciamo con troppa disinvoltura. “Ripartiremo dalla Cultura”, ci dicevano... e ci rifilavano un aperistreet. “Puntiamo sulla Cultura”, annunciavano, e ci ritrovavamo con qualche sottosagra magnereccia in piazza Martiri. Il vero problema, è che per fare cultura ci vuole un “vero” assessore alla Cultura. E per fare un “vero” assessore alla Cultura, ci vuole un “vero” assessorato alla Cultura. Con personale e soldi. A Teramo, non succede. L’avete letta la lettera di dimissioni di Ponziani? L’ottimo Gigi, che conosce l’uso della parola, scrive: 

“....dello sforzo compiuto in questo lasso di tempo  pur in presenza di  difficoltà, di ordine finanziario, amministrativo e in carenza assoluta di personale, che non mi hanno consentito di fare meglio e di più.”

E a noi, che abbiamo buona memoria, subito torna alla mente un’altra lettera di dimissioni, anche questa - guarda caso - di un assessore alla Cultura, quel Marco Chiarini che il Sindaco Brucchi chiamó come esterno in Giunta e che, andandosene, scriveva di 

“...un clima e un sistema di abitudini consolidate che mi hanno prosciugato tutte le energie, impegnandomi in incombenze secondarie invece che lasciarmi sviluppare riflessioni e azioni strategiche...”.

Le incombenze secondarie di Chiarini sono quelle che, giocoforza, non puó gestire l’assolutamente carente personale di Ponziani. E allora, la soluzione è soltanto una: tornare al passato, affidare quell’assessorato all’unica persona che andandosene non ebbe a lamentarsi, anzi: che probabilmente non se ne voleva andare. E che lo gestì anche senza personale e senza soldi, regalando alla città momenti indimenticabili e che, a ben guardare, hanno restituito della nostra “cultura” (minuscolo adesso)  l’immagine più vera. Richiamate la Lucantoni... è venuto il momento di riattaccare Bastià.