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19636CDD 8CFA 4012 9551 FBD30F45E096E’ stato lo spettacolo più bello, più intenso, più gradito del 2019. A grande richiesta, testimoniato da un altro super sold out, torna sabato 15 febbraio ore 21 al teatro comunale di Atri “Et voilà, il circo delle emozioni”. Dello spettacolo Et-voilàil circo delle emozioni”  di Elio Forcella,sè parlato molto. E’ statomesso in scena da “La Buona Compagnia Teatrale dRurabilandia,  per la regia di Francesco Anello e il fantastico (e per niente facile) coordinamento artistico di Roberto Prosperi. Così è stato necessario riproporlo. Del resto quando si coniuganoprofessionalità e passione,si fa sbocciare un prezioso e raro sorriso sulla bocca di tutti, si esaltano i lanciatori di baci, si diffonde la gentilezza, si fondono le diversitànon mi meraviglia affatto il sold out (a pagamento) di questa Buona compagnia. Del resto molto spesso si sente parlare dell’importanza di fare Teatro per le persone con disabilità, come ad esempio le persone con la Sindrome di Down. Mi sono occupato di questa particolare sfera del teatro, quando lavoravo nella Piccola Opera Caritas di Padre Serafino a Giulianova. Il Padre, uomo della carità, un genio assoluto, a cui è seguito il vuoto assoluto, già nei primi anni ’70 volle nella sua struttura un piccolo teatro perché già all’epoca si cominciava a parlare della efficacia terapeutica del teatro (e della musica) per persone con problematiche di questo tipo.E’ infatti fa assolutamente bene. Tutta questa mia certezza, deriva solo dalla mia esperienza. Dal vedere, spesso, quanto il teatro faccia bene alle persone “normali”.Recitare e salire sul palco permette di esplorare quei lati del carattere che spesso si tengono nascosti, o che nemmeno si conoscono bene. Il Teatro permette di conoscere meglio se stessi, ogni giorno.Se il teatro è così terapeutico per persone inserite nella società, quanto può far bene a chi, per la propria condizione di salute, ne è ai margini?Abbiamo già parlato del Teatro fatto da carcerati. Ho scritto molto sul teatro nelle comunità dei tossicodipendenti. Ma ci sono molti altri ragazzi e ragazze che, a causa della loro disabilità (come la Sindrome di Down ad esempio), sono ai margini della società.C’è ancora tanta, troppa ignoranza e può capitare che anche chi non ha pregiudizi non sappia bene come approcciarsi nei confronti di queste persone.I benefici per i ragazzi disabili sono gli stessi benefici per qualsiasi persona che faccia teatro. Il teatro, di per sé, è terapeutico.Ovviamente fare teatro per ragazzi come questi è anche qualcosa di più. Sono ragazzi che provengono da una marginalità sociale e che hanno stile di vita differenti dal resto delle persone, quindi per loro salire sul palco e recitare è anche una forma di riscatto sociale.Il teatro permette a queste persone di reinserirsi nel meccanismo sociale da cui sono state escluse, ed è per questo quasi una sorta di rivoluzione sociale. Basti pensare che in Italia ancora non è stato istituito un fondo per il Teatro Sociale, così chi fa teatro coi disabili, non può accedere al FUS cioè al Fondo Unico per lo Spettacolo. Un segno di quanto ci sia ancora da fare per eliminare le tante differenze tra chi è definito “normale” e le persone con disabilità. Anche se a pensarci un attimo, le emozioni e le sensazioni che si provano prima di salire sul palco sono le stesse per chiunque sta per andare in scena. La differenza sta nel modo in cui affrontiamo queste sensazioni. Ma loro, le sensazioni, sono le stesse per tutti. Anche per le persone con disabilità.Fare teatro, salire sul palco e recitare di fronte a un pubblico  rende orgogliosi. Rende soddisfatti il fare qualcosa che non tutti avrebbero il coraggio di fare. Per le persone con disabilità è esattamente la stessa identica cosa.Salire sul palco, esibirsi e vincere le  paure è una sfida che si vince ogni volta che si porta a termine uno spettacolo. E quella è la stessa sfida che vivono e vincono anche le persone con disabilità che recitano.E allora, alla fine… dove stanno le differenze? In cosa “loro” sono diversi? Il Teatro non fa discriminazioni. Il teatro non fa differenze come invece a volte fa la società tra chi è “normale” e chi è con disabilità. Il teatro rende uguali: questo è il dato. Poi vengono le specifiche. Un modo inedito di fare teatro. Inclusione e socializzazione . La partecipazione senza nessuna selezione. La lingua dei segni a fini educativi ed espressivi. Teatro terapia, come crescita personale, come condizione di benessere e riabilitazione per i ragazzi con disabilità, perchè il disabile non è riducibile alla sua disabilità.  Tutto bene, tutto giusto. Ma quello che mi interessa di più è che questi ragazzi attraverso “il palco” possono mettere in mostra le loro emozioni e le loro capacità, rivendicando il più importante dei diritti umani: l’essere protagonisti della propria vita.

Leo Nodari