di Carlo Di Marco
Mi aspettavo, come è giusto che sia, anche dopo le dimissioni di un consigliere comunale di Giulianova che aveva sbeffeggiato la ricorrenza del 25 aprile con frasi violente, sessiste e tipiche di un determinato modo criminoso di vedere questa ricorrenza, che si aprisse un dibattito. Ne sarei lieto se non fosse che questo non si è ancora veramente aperto: qualcuno ha tentato di ripercorrere sui social le tracce del dimissionario consigliere comunale, altri si sono espressi con delle argomentazioni apparentemente dialettiche, ma non meno inquietanti.
Premesso che i principi costituzionali sono e dovrebbero essere ritenuti sempre presenti in ogni attività politica istituzionale anche sotto le bombe (quindi anche in periodo di corono-virus), il 25 aprile del 1945 non fu una festa delle bandiere rosse, bensì la festa di liberazione dalla barbarie fascista e nazista da parte di un popolo in armi che si ribellava al fascismo, all’occupazione nazista e lanciava i termini epocali di un nuovo umanesimo. Fu un evento inclusivo? Certo! Tutte le componenti sociali e politiche della collettività nazionale, che fino a quel momento avevano subito carcere, tortura, fucilazioni, stupri e stermini si ribellavano come un sol uomo. Con quale espressione possiamo definire questo fenomeno? Unità, inclusività, coesione, dialettica, volontà politica comune, unitario slancio costituente. I costituzionalisti lo chiamano “clima costituente”. Tutte le componenti sociali e politiche confluirono in un organismo unitario che aprì la strada all’Assemblea Costituente con il voto del 2 giugno 1946, in cui le donne tenevano a battesimo la Repubblica democratica e antifascista. Vediamo un po’: ci furono degli esclusi? Certo! I fascisti. Perché l’insurrezione popolare del 25 aprile del 1945 fu un evento contro il fascismo e l’invasione nazista, ma non solo: pose le basi per costruire una nuova forma di stato mai esistita prima di allora.
Ma esaminiamo meglio qualcosa: che significa esattamente “ una nuova forma di stato mai esistita prima di allora”? È tutta qui la portata storia e “millenaria della nostra Patria”. Per la prima volta nella storia dell’umanità, infatti, la democrazia sostanziale, vista dai classici del pensiero politico antico e moderno come ruolo attivo, partecipativo e di controllo della grande massa dei governati sui governanti, diventava possibile. Per la prima volta rispetto a tutte le democrazie conosciute nella storia, fin da quella degli antichi, la Costituzione repubblicana (che entrerà in vigore poco meno di tre anni dopo) prevedeva – offrendone anche gli strumenti di realizzazione – che tutte le persone, a prescindere da ogni condizione sociale, economica e politica, potessero avere un ruolo attivo partecipativo e di controllo nell’esercizio dei pubblici poteri. Vero è che prima varie costituzioni a tanto erano già arrivate (cost. francese del 24 giugno2793, atti della Comune di Parigi, la costituzione della Repubblica di Bologna, quella della Repubblica romana ecc..), ma chi sa come mai erano state tutte esautorate e annullate con il ferro con il fuoco e con inenarrabili bagni di sangue di poveri innocenti. Il 25 aprile del 1945 si interruppe finalmente questa continuità aberrante aprendo la strada finalmente per l’umanità, mostrandone gli strumenti istituzionali di realizzazione, al riscatto dei poveri dei più umili degli oppressi e dei perseguitati di ogni tipo di potere.
È più chiara ora la portata epocale di quell’evento? Fu una cosa da comunisti staliniani? Ma per carità!!! L’opera monumentale di Antonio Gramsci lasciato morire in carcere; l’opera culturale indefessa perché nascesse un nuovo costituzionalismo come quella di Hans Kelsen; la svolta di Salerno del 1943 compiuta dal Partito comunista italiano in favore di un nuovo umanesimo (tutt’altro che staliniano), il Comitato di Liberazione Nazionale e il voto del 2 giugno 1946, il lavoro ammirevole dell’Assemblea Costituente diedero alla storia la Costituzione repubblicana aprendo quella strada sopra brevemente mostrata. Il 25 aprile non deve più essere celebrato dopo 75 anni? Io credo invece che dovrebbe essere celebrato in eterno.
Si tratta di una festa che esclude i fascisti? Premesso che non è obbligatorio festeggiare questo giorno (ci mancherebbe altro) chi non era felice il 25 aprile del 1945 e non festeggiava l’evento che mi sono sforzato di illustrare in tutta la sua portata storica? I fascisti. Solo loro. E chi oggi non è felice di festeggiarlo: ancora loro. I fascisti. Ma per non festeggiarlo non saranno mai perseguitati da nessuno. Diversa era la sorte in pieno fascismo per gli antifascisti costretti alla clandestinità all’esilio, torturati e perseguitati in ogni modo.
Affermare, infine, che il fascismo è morto e sepolto nella migliore delle ipotesi è cosa da miopi e da ignoranti: il fascismo è nelle cose, nei comportamenti, nelle scelte politiche, nelle pretese. È nella violenza quotidiana sulle donne, sui bambini, sui diversi, sui più sfortunati; è nelle violenze perpetrate nei fermi di polizia, quando accadono, calpestando lo spirito di Beccaria presente nell’articolo 27 della Costituzione; è nelle scelte politiche di governanti senza scrupoli che tentano di sotterrare i diritti costituzionali sul lavoro, sulle libertà individuali, sull’eguaglianza sostanziale; il fascismo è nelle rivendicazioni spudorate di “pieni poteri” da parte di capi politici fieramente autoritari, è nel restare seduti in Parlamento anche davanti alla testimonianza palese di chi ha subito il lager nazista; è nella valorizzazione delle squadracce di Casa Pound laddove ad esse si conferiscono poteri di “vigilanza” come in Lombardia e come si vorrebbe fare anche a Giulianova (mozione Lega docet). Nella peggiore delle ipotesi affermare che il fascismo sia morto e sepolto è cosa da fascisti. Questi, ciò affermando, vorrebbero legittimarsi e darsi una parvenza di dialettica, cercando di collocarsi nei tessuti istituzionali di una Repubblica che li rifiuta. Poiché chi conosce la Costituzione sa che il fascismo non è un’idea con cui sia possibile confrontarsi ed interloquire. Il fascismo, in ogni sua forma, è un crimine che solo si persegue in termini di rispetto della legalità.
Ultima nota che serenamente esprimo: un consigliere comunale, dopo aver espresso quel che pensa del 25 aprile, forse si è un po’ vergognato e si è dimesso. Chi invece rappresenta il massimo consesso rappresentativo di una Città antifascista e democratica che sempre festeggerà questa data, dovrebbe per coerenza trarre simili conseguenze, pur sapendo che se non dovesse farlo, per fortuna e grazie al 25 aprile del 1945, non c’è nessuno squadrista che andrà mai a prelevarlo.
Carlo Di Marco