Comincia in Francia, a Parigi, l’inchiesta che ha portato alla scoperta, in un casolare delle campagne di Sant’Omero, della porta rubata dal Bataclan e impreziosita dall’opera di Banksy a ricordo della strage che, per mano terrorista islamica, vide la morte di 90 persone. L’Italia ha fatto la sua parte, ha detto il procuratore distrettuale dell’Aquila, Michele Renzo, prima di cedere la parola al sostituto procuratore David Mancini, che ha spiegato: «Nessuna magia, nessun colpo scenografico. Questa operazione è figlia di una collaborazione internazionale, tra Francia e Italia. Abbiamo ricevuto un input, abbiamo stabilito dei contatti assidui, abbiamo utilizzato tutti gli strumenti tecnologici possibili e i risultati sono arrivati; l’opera è stata spostata più volte prima di arrivare in Abruzzo, occultata per sfuggire ai controlli, ma è stata decisiva l’azione dei carabinieri di Teramo». «Siamo felicissimi di averla restituita al Mondo, perché al Mondo era stata rubata» ha infatti commentato il comandante dei carabinieri di Teramo, il colonnello Pipola sottolineando il valore simbolico e artistico dell’opera, che lo stesso Mancini ha sottolineato «Io che sono classicista nei miei gusti, devo confessare l’emozione che ho provato nel vederla, anche per quello che rappresenta» Da circa 17 mesi la polizia francese era alla ricerca della porta rubata. Alla base del furto, ci sarebbe una motivazione economica legata al valore dell’opera di Banksy e a quello che la porta rappresenta, che può aver richiamato l’attenzione di collezionisti senza scrupoli. Confermato il coinvolgimento di un cittadino francese residente a Tortoreto, dove gestisce un bed&breakfast, che sarebbe possessore del casolare nella soffitta del quale la porta era nascosta e che, però, si è detto all’oscuro sia della presenza dell’opera sia del valore simbolico della stessa. In realtà, è invece proprio sul personaggio del cittadino francese che - come ha spiegato il comandante dei Carabinieri di Alba, Mazzotta - che si erano concentrate le indagini, anche con intercettazioni telefoniche, e che hanno accertato il ruolo dell’uomo, anche nel trasporto dell’opera nel casolare, occupato da cittadini cinesi che sarebbero del tutto estranei alla vicenda.