Se è vero che “per andare avanti a volte è necessario guadare indietro”, Il delitto Mattarellal’ultimo film di Aurelio Grimaldi che coraggiosamente sceglie di uscire in sala il 2 Luglio, è uno dei fatti di cronaca più importanti nella fitta trama di intrecci storici tra politica e mafia che caratterizzarono la prima Repubblica in Italia, che occorre ricordare.
Grimaldi porta al cinema, per la prima volta, la storia di Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che fu governatore della Regione Sicilia dal 1978 al 6 Gennaio 1980, giorno del suo omicidio. Dopo aver ricoperto sia la carica di consigliere comunale a Palermo che quella di deputato regionale, riformando in modo incisivo la farraginosa e poco trasparente macchina burocratica della regione.
Se c’è ancora qualcuno in questo Paese, che crede che i delitti commessi in Sicilia durante gli anni 70/80 riguardassero solo le collusioni mafiose tra poteri di quella regione, il film di Grimaldi è un importante documento di cronaca su un delitto politico, che dimostra come Stato e mafia, ai tempi dei ruggenti anni di governo della Democrazia Cristiana, fossero strettamente connessi e come questo determinasse il destino di un intero Paese.
Con attenta e dettagliata ricostruzione giudiziaria affidata a una voce narrante che per necessità di sintesi cinematografica fa da collage di cronaca alle scene, Grimaldi fotografa la Sicilia del governatore Mattarella e dei suoi compagni di partito. Il ruolo di Piersanti è affidato a David Coco, Francesco La Mantia interpreta un giovane Sergio Mattarella al tempo docente di diritto parlamentare all’università di Palermo, mentre una bravissima Donatella Finocchiaro è Irma, la moglie di Piersanti.
Durante gli anni del Sacco di Palermo il sindaco Salvatore Lima e l’assessore ai lavori pubblici Vito Ciancimino, entrambi democristiani, approvarono un piano regolatore in seguito al quale svendettero la città ai costruttori rilasciando oltre 4 mila licenze edilizie in odor di mafia che cambiarono il volto del capoluogo siciliano, con la demolizione di numerosi villini liberty. Nel film il regista, lascia ai principali interpreti il nome vero dei protagonisti del tempo, i quali, successivamente divennero celebri imputati del processo a Cosa Nostra. Mentre sceglie nomi di fantasia per gli interpreti dei NAR, i terroristi neri guidati dai leader dell’epoca Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini i quali si inserirono nell’intreccio politico mafioso che portò all’omicidio di Piersanti, per ottenere in cambio l’evasione dal carcere dell’Ucciardone del camerata Concutelli.
Nella ricostruzione degli incontri della cupola mafiosa durante i quali il boss Stefano Bontate dettava legge, la figura di Giulio Andreotti è volutamente rappresentata in modo macchiettistico, come un politico silente e consenziente manovrato dalla mente criminale di boss e uomini delle istituzioni regionali.
Notevole l’interpretazione di Tony Sperandeo nel ruolo di Vito Ciancimino e quella di Leo Gullotta che interpreta Rosario Nicoletti dapprima sodale di corrente di Mattarella e poi suo traditore. Due figure centrali rispetto alla sorte riservata a Mattarella, dato che anni dopo Nicoletti morì suicida in circostanze misteriose e Ciancimino fu accusato dal pentito Tommaso Buscetta di essere un uomo dei Corleonesi.
Il film si apre sulla scena di un giorno di festa, quello dell’epifania, nel quale Piersanti e la moglie Irma si preparano ad andare in chiesa con la famiglia. Appena in macchina, un killer si avvicina e spara otto colpi di pistola trucidando il presidente della Regione Sicilia davanti agli occhi terrorizzati dei familiari e della moglie. Irma Mattarella ricorderà per sempre quel volto riconoscendolo più volte anche in sede processuale, ma inspiegabilmente il killer verrà assolto. Pio La Torre l’onorevole del PCI che seguirà politicamente e nella sorte Piersanti Mattarella è interpretato da Claudio Castrogiovanni, il sostituto procuratore Pietro Grasso e il magistrato Giovanni Falcone sono i due giovani inquirenti dell’epoca che iniziarono a indagare sulle collusioni tra terroristi neri, membri della banda della Magliana in affari con la mafia, Gladio e faccendieri come Michele Sindona che si stagliano sullo sfondo di un omicidio ancora "irrisolto".
Non sempre il livello di interpretazione di alcuni protagonisti è calibrato rispetto al resto del cast, ma Il delitto Mattarella è un’opera di impegno civile, forse con qualche flashback di troppo che a tratti confonde, è una fedele ricostruzione di una vicenda processuale finora lasciata in ombra. In concomitanza al film, il regista ha pubblicato anche un libro, edito da Castelvecchi, con il medesimo titolo del film nel quale approfondisce dettagliatamente la sua ricostruzione storica dell’omicidio.
Il delitto Mattarella è un’opera alla memoria di tutti gli uomini delle istituzioni che hanno creduto al cambiamento senza dubitare un giorno di riuscire a metterlo in pratica. Un omaggio al politico ma anche all’uomo e ai suoi ideali di rinascita.
Leo Nodari