Associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. E’ con questa accusa che la Procura antimafia dell’Aquila, anche sulla base delle indagini effettuate dalla Squadra Mobile di Teramo, ha emesso sette ordinanze di custodia cautelare in carcere ed una ai domiciliari. La banda si muoveva sulla costa Nord teramana, ma aveva sede in una autorivendita di Villa Rosa che fungeva da copertura. La banda era composta da albanesi, due dei quali ancora irreperibili. L’unico ai domiciliari è un italiano. L’organizzazione era molto ben strutturata e offriva anche copertura legale ai propri membri e il mantenimento economico di quelli che erano costretti a rientrare in Albania.
LA NOTA
Stamani poliziotti della Squadra Mobile di Teramo, a seguito di indagini coordinate dalla Procura di L’Aquila – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito l’Ordinanza emessa dal Tribunale di L’Aquila- Sezione Tribunale con la misura cautelare del carcere per 7 cittadini di nazionalità albanese e la misura degli arresti domiciliari per un cittadino italiano per il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
L’attività di indagine ha permesso di accertare che i predetti facevano parte di un’associazione a delinquere dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana) con base logistica a Villa Rosa di Martinsicuro (TE), presso una rivendita di autoveicoli che fungeva da “copertura”.
Le indagini, iniziate nel marzo 2017 e concluse nel gennaio 2018, hanno permesso di accertare che l’associazione era perfettamente strutturata ed organizzata, con previsione di specifici ruoli in una vera e propria scala gerarchica, composta da un vertice (C.L del 1984), di nazionalità albanese e tratto in arresto in esecuzione del predetto provvedimento giudiziale, che impartiva “ordini” ai sodali.
Accanto alla figura del “capo” vi erano due diretti collaboratori, anch’essi di nazionalità albanese e attualmente irreperibili, veri e propri referenti del suddetto e incaricati dell’approvvigionamento e dello spaccio dello stupefacente nonché, del reimpiego, attraverso operazioni immobiliari in Albania, dei proventi derivanti dall’attività illecita.
E’ stata poi individuata la figura del “co-gestore” (C.L. italiano del 1973), sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, dell’autorivendita di macchine costituente, come indicato, la base logistica dell’associazione per dissimulare l’attività illecita.
Il predetto aveva anche il ruolo di “custode” del denaro provento dell’attività di spaccio.
Gli altri 4 cittadini albanesi, tre dei quali tratti in arresto ( M.B. del 1993, M.K. del 1984 e T.I. del 1991), uno invece è irreperibile, rivestivano il ruolo di “pusher” in quanto dediti allo spaccio sul territorio dello stupefacente, con a disposizione schede telefoniche, autovetture ed alloggi.
I predetti avevano nella loro disponibilità armi, come riscontrato nel corso dell’arresto di uno di essi trovato in possesso di una pistola semi automatica clandestina e di 15 cartucce per il relativo munizionamento.
I proventi dell’attività illecita, effettuata soprattutto nelle città di Martinsicuro ed Alba Adriatica venivano reimpiegati in investimenti immobiliari effettuati in Albania e in Italia dalla famiglia del “capo” dell’associazione.