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DINANNAOK

L’art. 23 del Decreto interviene (malamente) sull’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio) nel seguenti termini: all’articolo 323, primo comma del codice penale, le parole “di norme di legge o di regolamento,” sono sostituite dalle seguenti: “di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”.

Si tratta, con ogni evidenza, non già di una riforma della norma, bensì di una strisciante “abolitio criminis”, considerato che il delitto di abuso d’ufficio sarà d’impossibile configurazione ogni qual volta “residuino margini di discrezionalità”, con applicazione, quindi, ora limitata alla sola attività amministrativa strettamente vincolata.

Cui prodest? Cosa si semplifica?

Certo sarà più agevole la consumazione del delitto di corruzione e diverrà a (dir poco arduo) per le Procure indagare su tale grave reato, come dimostra l’esperienza giudiziaria delle numerose indagini per corruzione, nate da un’originaria iscrizione nel registro delle notizie di reato per il meno grave (ed ora quasi abrogato) delitto di abuso d’ufficio, ma che hanno poi condotto all’accertamento del ben più grave delitto di cui all’art. 319 c.p.

Oggi, per indagare sulla corruzione, bisognerà avere la fortuna che il corrotto o il corruttore confessino il reato!

Il Governo post comunista – grillino ci aveva già provato a creare un primo scudo penale con l’emendamento al “decreto cura Italia” da firma del capogruppo del P.D. al Senato Stefano Marcucci, proposto nel tentativo di limitare la responsabilità civile e penale di chi ha gestito la sanità durante l’emergenza epidemiologica.

Una norma che, se approvata, avrebbe “giustificato” il massacro di medici ed infermieri, ai quali non sono stati forniti neppure i dispositivi di protezione minima, così facendoli ammalare. Un emendamento che, se non fosse stato ritirato con ignominia, avrebbe realizzato una sostanziale e ingiustificata “abolitio criminis” dell’epidemia colposa, grave reato la cui configurabilità sarebbe stata limitata alla sola solo ipotesi di “colpa grave”, consistente, come si leggeva nello sfacciato testo normativo, “nella macroscopica e ingiustificata violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria o dei protocolli o programmi emergenziali predisposti per fronteggiare la situazione in essere”.

Peccare humanum est, perseverare diabolicum.

Ma questa volta però ci sono riusciti: un nuovo poderoso “scudo penale” è stato appena approvato, ovviamente “salvo intese”.
Scudo penale o piuttosto amnistia di casta?

 

VINCENZO DI NANNA