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Strane creature protese verso il mare, i trabocchi sono testimoni di un’antica civiltà legata alla pesca e al mare. Queste ataviche palafitte, disseminate lungo il litorale abruzzese, pare siano state messe lì per caso, ancorate agli scogli silenziose vedette e fedeli guardiani della nostra costa. Un tempo vi abitavano le famiglie dei pescatori più poveri della zona. Queste piattaforme assicuravano alla gente di mare stabilità in quanto vi si poteva pescare senza allontanarsi dalla costa. Descritti, dipinti, fotografati i trabocchi sono stati celebrati da molti artisti con suggestivo lirismo.Di questi colossali ragni parla Gabriele D’Annunzio nel “Trionfo della Morte”. Egli visse con Barbara Leoni per un certo periodo nel “ buenretiro” di San Vito Chietino. Su questo, e sui trabocchi dirò qualcosa oggi,  al convegno “Trabocchi: tra passato e futuro”  che si svolgerà oggialle ore 10,30 nei bellissimi giardini di Palazzo D’AvalosIl vate così scriveva: “La grande macchina pescatoria composta di tronchi intrecciati, di assi e di gomene biancheggiava simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano…. pareva vivere di una vita propria avere un’aria e un’effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni ed anni al sole, alla pioggia, alla raffica mostrava la sua fibra .. si sfaldava si consumava , si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce… acquistava un’impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avessero compiuto la loro opera crudele”.

E il momento giusto per affrontare questo tema alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale che ha respinto il ricorso del Governo contro la Legge n. 7 del 10 Giugno 2019 della Regione Abruzzo. Questa legge regola le attività ed i modi con cui esse si possono svolgere sui “ Trabocchi”. I motivi del ricorso riguardavano la possibile alterazione del paesaggio. Non voglio, e non saprei, intrattenermi sugli aspetti giuridici della vicenda e tanto meno confutare le argomentazioni politiche.. So però che “i Trabocchi” erano, ad un tempo,casa e strumento di lavoro delle popolazioni costiere. In questo tempo oltre ad essere utilizzati per l’attività peschereccia, sono diventati locali per la ristorazione. Sono costruzioni arcaiche che si fondono sulla tecnica delle palafitte. Sembra che questa tecnica sia stata portata nelle nostre coste dai Fenici La struttura si basa su robusti pali di pino. Dalla piattaforma, che costituisce il piano di deambulazione, il pescatore butta a mare uno strumento a rete chiamato “ bilancia”. Nella “ bilancia” restano imprigionati i pesci, che vengono venduti nei mercati locali. Oggi una parte del pescato viene cucinato in loco e viene servito agli avventori. La costa adriatica della provincia di Chieti, nel tratto che va da Francavilla al Mare a Vasto è il luogo dei Trabocchi. Dalla presenza di queste strutture deriva la denominazione di Costa dei Trabocchi. 

Varie sono le accezioni di significato attribuiti a questo termine a seconda delle aree geografiche in cui la macchina è insediata, Il termine trabocco è stato di fatto italianizzato e proviene dal dialetto ‘travocche’, forse derivante dal latino ‘trabs’: legno, albero, casa. Il trabocco o travocco è un’imponente costruzione realizzata in legno di pino d’Aleppo tipico delle zone del medio Adriatico , modellabile, capace di resistere  alla salsedine  e  alle forti raffiche di maestrale che battono l’Adriatico . Consta di una piattaforma protesa sul mare ancorata alla roccia da grossi tronchi dalla quale si allungano, sospesi a qualche metro dall’acqua, due o più lunghi bracci, detti antenne, che sostengono un’enorme rete a maglie strette: la“bilancia”. Ma i primi e più antichi documenti che ci parlano dei “trabocchi” della nostra zona sono stati reperiti da padre Stefano Tiraboschi dell’Ordine Celestiniano che nel manoscritto “ Vita Sanctissimi Petri Celestini” (Pietro da Morrone), conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia, parlando della permanenza di Pietro da Morrone nel Monastero di San Giovanni in Venere (1240-1243), racconta che Pietro usciva spesso dall’Abbazia di Fossacesia e, dal colle “Belvedere”, ammirava il mare sottostante “punteggiato di trabocchi”. Si deduce pertanto che nel 1240, l’anno di inizio del corso di studi frequentato da Pietro da Morrone, i trabocchi già esistevano. 

La struttura del trabocco col tempo cambia, diventa più leggera, più agile e i componenti più esili. I trabocchi, a partire dall’immediato dopo guerra, hanno subìto un progressivo abbandono dovuto al disuso delle strutture ed a una conseguente perdita di conoscenze di manutenzione. I sistemi di pesca attuali lo hanno fatto passare nel dimenticatoio, abbandonando al degrado queste sentinelle protese nel mare. L’inversione di rotta si è avuta una decina di anni fa grazie ad una rinata attenzione verso il turismo ecologico e rispettoso della natura: e il Trabocco è diventato un simbolo da proteggere ed un’attrazione turistica.Queste fragili zattere aeree aggrappate a spuntoni di roccia sospese tra cielo e mare , figure lignee in bilico sulle acque hanno sempre suscitato intense suggestioni in quanti hanno il privilegio di ammirarli. Uomo e natura hanno creato queste costruzioni solitarie che costituiscono un patrimonio naturale e ambientale frutto di esperienze millenarie di un mondo che è riuscito a sopravvivere.

Leo Nodari