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marcomalavaldiMarco Malvaldi ha pubblicato “Il borghese Pellegrino” (Sellerio editore) un giallo divertente e istruttivo dal meccanismo perfetto, ancora un omaggio al famoso gastronomo Pellegrino Artusi nel suo secondo centenario della nascita.
Il libro è stato presentato a Castelbasso, la scorsa settimana, dal FLA (Festival di Libri e Altre cose) di Pescara.

 

Nel 2011 ha scritto il giallo “Odore di chiuso” con Pellegrino Artusi come protagonista, adesso ne “Il borghese Pellegrino” lo ha scelto di nuovo. Perché?

Il primo romanzo sull’Artusi nel 2011 nasce perché avevo scritto i romanzi del BarLume e avevo voglia di cambiare. Avevo deciso di non scrivere più su Pellegrino per un motivo semplice: quando uno scrive un libro con un personaggio storico, di solito, nel primo libro si mettono tutte le cose più belle, tutto il succo e tutte le curiosità più significative, dal secondo in poi si “rifrigge” quindi avevo detto “evitiamolo”.
Poi Antonio Sellerio, l’editore, aveva cominciato a dirmi “Ma perché non scrivi qualcos’altro sull’Artusi, un saggio ragionato, una rilettura della “Scienza in cucina” sulle basi delle tue conoscenze di chimica, di letteratura, di medicina dell’epoca?”. Il libro, sempre dal titolo “Il borghese Pellegrino”, doveva essere un saggio nel quale parlare di quanto bello e significativo fosse l’Artusi. Espongo l’idea alla mia editor principale, mia moglie, che ascolta sembra...approvare ma alla fine mi dice di scrivere un romanzo però mi rendo conto di non avere l’idea.
Il caso vuole che leggendo l’Artusi trovo il delitto perfetto, Pellegrino Artusi in maniera inconsapevole nella sua biografia descrive il delitto perfetto, “enigma della camera chiusa”. Qualche giorno dopo, mio fratello che è un economista , mi racconta una storia curiosa del crollo dell’Impero Ottomano che avviene a fine Ottocento nell’epoca in cui ho intenzione di ambientare il romanzo, quindi… esulto. Che cosa sarebbe accaduto se Pellegrino Artusi commerciante di sete, di tessuti e broccati d’Oriente oltre che autore dell’Arte in cucina avesse avuto la possibilità , come era in quell’epoca, di entrare in commercio con l’Impero Ottomano e guadagnare tanti soldi ? Da questa domanda il saggio viene immediatamente accantonato e si va sul giallo.

Lei ha detto “ho ciucciato l’anima dell’Artusi”, che cosa in particolare?

All’anima dell’Artusi spero di aver “ciucciato” la capacità di osservare e di scrivere. L’Artusi scriveva tutti i giorni questa cosa è essenziale perché scrivere serve per ricordare e riflettere sulle cose che si sono viste. L’Artusi osservava e scriveva, questa è una caratteristica che a me piacerebbe avere. Io avrei voluto tenere un diario ma non ci sono mai riuscito, invece l’Artusi aveva la capacità di osservare e riportare in maniera sincera, senza mettere giudizi, o meglio quando metteva un giudizio lo diceva – questo è un mio giudizio. Potrei sbagliarmi!-

Qual è il segreto dell’Artusi?

La sincerità , qui prendo in prestito le parole di Primo Levi, la sincerità. Quest’uomo non ha interesse a far vedere quanto è bravo, ha interesse che si mangi bene, mette i tempi di cottura per questo è la scienza in cucina e con questa sincerità arriva all’arte in maniera spontanea. Spiega il perché delle cose ,alcuni precetti sono giusti altri sbagliati ma quello che conta è chiedersi perché si fa una determinata cosa.
La prima edizione della scienza in cucina era di 470 ricette , l’ultima, l’undicesima, di quasi 800 e raccoglieva le lettere dei cuochi, delle cuoche e massaie d’Italia . A 70 quest’uomo ha ancora voglia di imparare e modificherà il manuale fino a 90 anni , va sentirsi le lezioni universitarie, parla 4 lingue, per lui c’è stato poco da inventarsi perché il personaggio è a tutto tondo.

Quali ricette ha preparato dell’Artusi

L’ho usato principalmente per la pasticceria. Mia moglie prepara i dolci ma io faccio primi e secondi.

Lei è un chimico, è importante la preparazione scientifica nella scrittura?

Può servire, io credo che serva la preparazione in generale. La scrittura è qualcosa di generale, se uno ha una preparazione sua che sia scientifica, artistica e musicale può mettere tutto dentro la scrittura. A me la preparazione scientifica serve, scrivendo gialli le persone… “si uccidono meglio”. Serve perché un giallo si scrive al contrario, con metodo e quindi in questo modo è più facile costruirlo. In generale la preparazione di una persona e quello che ha studiato significa che quando si mette a scrivere ha qualcosa da dire, non è uno che si mette lì e cerca di dare qualcosa al mondo. Ha da dare veramente qualcosa al mondo, lì non conta cosa si è studiato ma conta come lo si è studiato, e quello fa la differenza.

Che cos’è la comunicazione per lei?

Guardare gli altri e cercare di capire se ti seguono, prima di tutto è qualcosa che si fa per gli altri.
Bisogna sforzarsi in continuazione di capire se ti seguono e se capiscono quello che tu vuoi che capiscano e che vadano oltre, cioè che prendano quello che tu dici come punto di partenza e non di arrivo. Al tempo stesso è spiegare ed emozionare perché una delle due cose non basta: se spieghi senza emozione le persone non ricordano, se emozioni e basta allora puoi dare nozioni sbagliate e si ricordano cose sbagliate. Devi fare tutte e due le cose.

“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, è il discorso di Ulisse ai suoi compagni nel canto XXVI dell’Inferno. Queste parole sono nel suo cuore, perché?

Proprio perché quel canto di Ulisse e Diomede è il canto della natura umana. Una persona che sa che rischia la vita ma che comunque continua a esplorare, è lo stesso canto che Primo Levi recita a Piccolo in “Se questo è un uomo”. E’ proprio l’essenza dell’uomo, se non lo so lo voglio sapere e se ti chiedono a cosa serve fai una pernacchia, non voglio sapere a cosa serve lo voglio sapere e basta, altrimenti non sono un uomo sono una lontra e noi… siamo uomini.

Anna Brandiferro