Se vogliamo che la medicina di base torni ad essere ciò che vogliamo che essa sia, il primo presidio territoriale per la prevenzione, la diagnosi precoce e la cura territoriale, bisogna prendere atto di come stanno le cose e trovare le soluzioni opportune. Ne abbiamo il dovere.
La voluta burocrazia imbriglia e stravolge quella che era una meravigliosa professione, basata sul contatto umano, sul rapporto di fiducia, scaricando sul medico di famiglia tutte le responsabilità, moltiplicando le motivazioni dei contatti.
Centinaia tra telefonate, sms, WA, mail (aprendo in contemporanea telefono, computer, smartphone, scanner, programma di gestione millewin, gmail, programma di trasformazione jpg to pdf) dovendo gestire:
Potenziali infetti da comunicare (in tale successione: stampare il modello specifico, altrimenti il siesp non lo accetta, riempire a penna il tutto tra anagrafica, CF, diagnosi, nomi dei parenti, n. di telefono, indirizzi di domicilio se diverso da quello di residenza, scansionare il modello, trasformarlo in pdf, accedere a gmail. Inviare, mettere in archivio)
Isolamenti da gestire tre volte al giorno (verificare la temperatura , la saturazione, i sintomi, la terapia, le informazioni di isolamento, le delucidazioni sui contagi).
Cerificati INPS di malattia da inviare (l’unica cosa che veramente funziona, semplice, efficiente, rapido).
Certificati di malattia che non si possono fare per tramite INPS, ma cartacei.
Certificazioni di invalidità INPS da fare (una certificato richiede minimo 15 minuti se esperti, tra collegamento al sito che non sempre funziona, tra password da rinnovare, anamnesi da recuperare, accertamenti da verificare, diagnosi da stilare).
Infortuni INAIL da rilasciare (certificazione infortunio minimo 15 minuti se esperti. Certificato malattia impossibile da stilare on line, complicatissimo, necessaria una laurea in informatica). Presìdi per ADI da comunicare (qui siamo al paradosso: pur avendo riempito due fogli sempre ripetendo nome cognome, luogo di nascita, data di nascita, codice fiscale, luogo di residenze e luogo di domicilio se diverso. Cittadinanza italiana o meno, se invalido civile o meno, nome della persona a cui far riferimento, numero di telefono della stessa, diagnosi, richiesta. Ecc ecc, ogni volta che scade l’ADI bisogna riempire sempre lo stesso modulo, sempre con gli stessi dati decine di volte l’anno!!!!!!!!! E i poveri pazienti sballottati da una parte all’altra del territorio).
Presidi per diabetici. Passi la prima prescrizione. Poi il paziente ogni tre mesi deve venire dal medico, il medico deve prescrivere sempre le identiche cose, come se la ASL non lo sapesse. Certificati di riammissione a scuola da stilare (i prèsidi non fanno sconti, non fanno rientrare nessuno se non hanno il certificato di riammissione a scuola anche se il genitore dichiara che il ragazzo ha perso l’autobus e non è stato assente per malattia o è stato in casa a poltrire).
USCA da attivare. Con il suo “apposito” modello. Anche questo da stampare, da riempire, da scansionare da inviare.
Piani terapeutici in scadenza, da controllare da far rinnovare. Il paziente non ricorda, ha perso il foglio. Non sa se ne ha avuto diritto.
Esenzioni ticket da verificare, tra esenzioni per reddito che scadono ogni tre mesi, esenzioni per malattie a tempo.
Ricette ripetitive da inviare a centinaia al giorno. Chi vuole il numero delle ricette per WA, chi per mail, chi per telefono (in questo caso chi non ha la penna, chi ha la penna ma non funziona, chi non capisce) chi le vuole per forza cartacee, chi vuole i numeri su foglietto. E poi distinguere fra farmaci per i quali ci vuole per forza la ricetta rossa perché la stessa ASL che ha fatto la dematerializzata non accetta la dematerializzata (incredibile!). Farmaci che necessitano della dicitura DPC, altri TDL, altri con 048 e così via. Farmaci per i quali ci vuole per forza la ricetta bianca cartacea. Da perdere la testa.
Risultati dei tamponi effettuati. In tale successione: richiesta di verifica del risultato del tampone per telefonata o WA o mail. Collegamento al portale. Ogni volta riaccreditamento al sito. Verifica. Se presente la risposta, scaricare il pdf e inviarlo al paziente tramite mail o WA. Se non presente almeno due chiamate al giorno: “dottore può controllare?”.
Chi vuole fare gli esami del sangue, solo perchè son tre mesi che non le fa.
Chi vuol fare i controlli cardiologici perchè son tre mesi che non li ripete.
Chi vuol fare i controlli perché cerca di avere la pensione di invalidità.
Chi vuol fare la RM perché non l’ha mai fatta.
Chi vuol fare la RM a tutta la schiena perché non si sa mai!
E poi mai inviare dallo specialista. Perché questo si trasforma in un moltiplicatore di richieste e di spesa. Non esiste uno specialista che non cambi una terapia oramai consolidata, che non richieda decine di esami su esami di laboratorio, da quelli fatti appena dieci giorni prima ai più astrusi, che non richieda una RM. Non c’è ortopedico, neurologo, nefrologo, ecc. che non richieda TAC, RM, ulteriori visite specialistiche, decine di ulteriori esami di laboratorio. In quarant’anni di lavoro come medico di base, praticamente non ho mai visto uno specialista a cui ho inviato un paziente dire che mi fossi sbagliato dicendogli “lei non ha bisogno di nulla, è sano come un pesce”.
E poi il nostro lavoro
Terapie croniche da controllare, verificare, modificare.
Campagna vaccinazione da portare avanti.
Patologie bronchiali, gastrointestinali, ortopediche, dermatologiche, psichiatriche, cardiovascolari, da controllare.
Visite domiciliari, anche se ridotte al minimo, da effettuare. Non si ha tempo. Per fare una visita domiciliare, tra spostamenti in auto, visita ecc. ecc, ci vuol almeno un’ora.
Tutto ciò sta mettendo a dura prova la resistenza dei medici di famiglia.
Ha cambiato il modo di fare il medico.
Ha tolto il tempo al dialogo, al confronto e al conforto umano con i pazienti. Ha tolto il tempo alla visita medica.
Tutto ciò. La fretta la frenesia, fa abbassare le misure di sicurezza sulle nostre persone. Non a caso i medici di famiglia son coloro che stanno pagando un tributo di morti più alto fra le professioni sanitarie. E questo non è un problema da poco che non investe solo il “povero” medico che muore sul campo, ma si ripercuote anche sui pazienti in un momento di carenza di medici. Chi li curerà? Siamo pochi e saremo sempre meno!
Se vogliamo che la medicina di base torni ad essere ciò che vogliamo che essa sia, il primo presidio territoriale per la prevenzione, la diagnosi precoce e la cura territoriale, bisogna prendere atto di come stanno le cose e trovare le soluzioni opportune. Ne abbiamo il dovere.
Siriano Cordoni