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serafinicurvaIl Club Automoto Storiche di Teramo (CAST), su impulso del suo presidente Carmine Cellinese, che è anche presidente ACI Teramo, ha dato alle stampe una monografia dedicata alla figura di Aldo Serafini, teramano originario di Villa Volpe che è stato persona emblematica di quello che negli anni è stato definito un vero e proprio laboratorio dell’automobilismo teramano a livello nazionale. Il volume, prodotto dal Cast in collaborazione con l’Asi (Automotoclub Storico Italiano) è affidato alla penna di Paolo Martocchia, e si intitola “Aldo Serafini”: il pilota specialista delle curve su due ruote che sbalordì Caracas”. La monografia tratteggia con sapiente dosaggio elementi biografici e storici che di fatto consegnano lo spaccato di un’epoca tra gli anni 50 e 70 e il profilo di una persona che, partendo da apprendista dall’Autocarrozzeria di Circonvallazione Ragusa di Giuseppe Foschini e da una passione fatta di corse in competizione con Berardo Taraschi, si è imposta sui circuiti internazionali conquistando vittorie e podi prima su Fiat 1100 e poi con la sua Alfa Romeo “Giulietta”. La passione senza limiti per la velocità e i motori lo hanno portato a metà degli anni 60 a imporsi come indiscusso principe dei circuiti in Venezuela, paese che lo ha adottato e dive il suo numero di gara “72" identificativo suo nelle competizioni per otto anni consecutivi, non fu mai assegnata ad altri piloti all’indomani della sua partenza da Caracas.   Appesa al chiodo la sua carriera prima da brillante meccanico e carrozziere e poi da pilota, Aldo Serafini fa rientro a Teramo per volontà dei genitori e dove troverà l’amore della sua vita ma con una insuperabile compagna d’avventure un'AutoDelta GTA, vettura rara e potentissima. Era accaduto infatti che l’anno prima, un suo amico meccanico titolare di una nota officina di Caracas, lo chiama al telefono per dargli la “soffiata”: il proprietario di questa GTA, un ingegnere del posto, voleva disfarsene, ritenendo la vettura troppo “pericolosa”. Questa era una macchina unica, prodotta da una casa automobilistica italiana attiva dal 1963 fino al 1966, in seguito divenuta denominazione distintiva per il reparto corse dell’Alfa Romeo. Design accattivante, doppia accensione, otto candele, una vera e propria macchina da competizione con un motore bialbero a doppia accensione da 1570cc che sviluppava 115 cavalli.

ALDOSERAFINI

Aldo non ci pensò un attimo: si recò dal proprietario, “spaventato” dalla potenza di quella macchina, e la prese subito, cogliendo la palla al balzo. Al momento del ritorno la imbarcò sulla nave e la riportò a Teramo, con un obiettivo mai celato: confrontarsi con quegli stessi piloti che, da piccolo, aveva seguito nelle corse cittadine ed in altri circuiti dell’entroterra teramano. L’idolo di Aldo era Taraschi, ma la sua assenza da Teramo e il trascorrere degli anni aveva cambiato la realtà che aveva sognato: Taraschi aveva smesso di correre, ed il Circuito del Castello aveva segnato nel 1961 l’ultima e storica gara del tracciato teramano. Il proposito di Aldo venne meno, la delusione fu enorme, ed a questa situazione psicologica si accompagnò ben presto il suo abbandono delle corse. Concluse la sua esperienza di vita come autista per la Regione Abruzzo, sempre a bordo di una macchina. E la sua Gta, dopo un pressing serratissimo da parte di tanti acquirenti ed estimatori fu venduta a 4 milioni di lire nelle mani di un appassionato di Brescia che l’avrebbe curata come lui stesso aveva fatto nel corso degli anni. “E’ stato per me motivo di onore e di grande soddisfazione contribuire a far nascere questo volume dedicato ad Aldo Serafini – dichiara il presidente Carmine Cellinese - nostro amico e socio del Club Automoto storiche Teramo, perché il suo vissuto rappresenta un po' la storia della Teramo del dopoguerra, quando l’impegno della popolazione era concentrato sulla ricostruzione e le materie prime scarseggiavano. Il lavoro rappresentava una vera e propria “conquista” ed egli, dopo aver fatto l’apprendista dal maestro carrozziere Foschini, decide di espatriare in Venezuela, in quel tempo definita «terra di progresso». Oggi, a distanza di mezzo secolo, nel solco percorso dal nostro club, la testimonianza di Serafini rappresenta un vero esempio da prendere in considerazione, perché proprio in virtù dell’espatrio, del lavoro e dei sacrifici, ci insegna che la vita può essere vissuta con determinazione, mai disgiunta dall’umiltà e dalla correttezza. Ritengo che la sua testimonianza di vita coincida con l’importanza di valori che tutti noi siamo chiamati a riscoprire in questa epoca delicata, segnata da una pandemia che ci spinge a ritrovare una rinascita e a guardare lontano come ha fatto Aldo Serafini”.