Era un lunedì, il 4 ottobre 1982. Il primo giorno di una settimana, che avrebbe cambiato per sempre la vita di Rita Olivieri, perché quel giorno, aprendo per la prima volta la porta dell’Accademia di Pollicino, l’asilo nido di Colleatterrato, sarebbe diventata per sempre la “Maestra Rita”.
Sarà un giovedì, il 25 febbraio del 2021, domani, quello in cui, dopo trentanove anni l’aprirà per l’ultima volta.
“Ho deciso di andare in pensione - racconta con la voce spezzata dall’emozione - perché dopo essere stata la seconda mamma per due generazioni di bambini, sono diventata nonna e voglio stare con la mia nipotina”.
Due generazioni.
Significa che i primi bambini di quel 1982, oggi sono genitori quarantenni... e hanno affidato i loro figli alla Maestra Rita.
“A volte sono talmente somiglianti ai loro genitori - racconta - che mi capita di chiamarli con i nomi del papà o della mamma... perché io lo ricordo tutti, i miei bambini, sono tutti parte di me, della mia vita... trentanove anni di emozioni”.
Già, le emozioni.
Quelle di una maestra d’asilo sono irripetibili. Lavorare tra cuccioli d’uomo che hanno dai tre mesi ai tre anni, significa accompagnare i loro primi passi e ascoltare le loro prime parole. Significa anche, costruire lo sguardo col quale guarderanno il mondo.
“È in quel momento della loro vita, che acquistano anche il senso pieno della fiducia in sé stessi - spiega la Maestra Rita - ed è nostro il compito meraviglioso di aiutarli a prendere coscienza del loro essere protagonisti del mondo che li circonda”.
Lavoro straordinario.
Unico.
Che ti cambia la vita, perché lavorare tra i bambini, significa anche “Continuare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino - racconta la Maestra - io mi emoziono per un fiore che sboccia, per una scatola che si apre, per la corsa delle nuvole... e mi commuovo magari per l’abbraccio di uno dei miei piccoli, sì... i miei, perché in un lavoro come questo, è come se tutti i bambini che hai seguito ti appartenessero”.
Trentanove anni.
Una vita.
Vissuta tutta all’Accademia di Pollicino, ma anche con la capacità di andare oltre gli spazi di quel piccolo mondo.
“Colleatterrato è casa mia... è un quartiere che sento parte di me, tanto che a volte, io che abito a Castelnuovo, mi ritrovo a prendere senza pensarci la strada per Colleatterrato... perché è una sorta di città nella città, coi suoi negozi, con i suoi tempi, con un suo popolo”.
Un popolo che, in questi trentanove anni, è in gran parte passato all’Accademia.
“Mi basta sentir nominare Colleatterrato, per aver subito la tentazione di chiedere notizie, informazioni, magari un nome da ricollegare ad un volto bambino, perché anche se sono cresciuti e sono oggi adulti, uomini e donne, padri e madri, io li rivedo sempre con la faccia che avevano quando erano i miei bambini all’Accademia”
Trentanove anni, tutti vissuti professionalmente nello stesso asilo, significano anche migliaia di ricordi condivisi con le colleghe...
“Tante, eccezionali, amiche prima ancora che colleghe, amiche vere, con le quali ho vissuto momenti delle nostre vite: nascite, battesimi, matrimoni... anche io, quando sono entrata qui, quel 4 ottobre del 1982, non ero ancora sposata... e ancora oggi, come fanno le amiche, noi festeggiamo ogni compleanno, ogni ricorrenza, ci vogliamo bene, un bene che va oltre la professione, perché vive nelle nostre anime... mi mancherà tutto questo”.
E per un attimo la voce della Maestra Rita si spezza, vinta dall’emozione, dal pensiero che, dopo trentanove anni, domani tutto cambierà.
“Sapevo che sarebbe arrivato questo giorno... l’ho sempre saputo, ma adesso che è arrivato davvero... sì, mi mancherà tutto questo”.
Per un curioso gioco del destino, la Maestra Rita lascia la sua Accademia alla vigilia di una rivoluzione, visto che quello di Colleatterrato è uno degli asili nido che il Comune, a settembre, privatizzerà. Su questo, Rita Olivieri non si esprime, perché è un futuro che non le apparterrà e saranno altri a costruirlo, a lei appartiene il passato, questi incredibili e irripetibili trentanove anni scolpiti nella memoria e arricchiti dagli occhi delle centinaia di bambini che l’hanno chiamata “Maestra”.
Anche se, chiamarla Maestra è riduttivo. Lei, è un’istituzione, un punto di riferimento, il baricentro di mille memorie, un monumento vivente per il quartiere e per tutti i bambini che le devono la scoperta del mondo.
Maledetto Covid, che domani impedirà a tutti quei bambini di ritrovarsi davanti all’Accademia, per abbracciare la Maestra Rita che lascia per sempre quel piccolo mondo. I genitori hanno chiesto che sia lei, domani, a celebrare il rito quotidiano della riconsegna dei bambini, perché vogliono salutarla. A distanza, in un abbraccio ideale. Quando sarà possibile, quando il virus sarà finalmente solo un ricordo, ci sarà tempo anche per gli abbracci veri.
Ma, in fondo, non è un problema.
Perché la Maestra Rita li ha ancora tutti, gli abbracci dei suoi bambini.
Tutti.
In quello spazio del cuore che per trentanove anni ha registrato ogni dettaglio felice.
Le basterà chiudere gli occhi un attimo e, per quanto rumore possa esserci intorno, sentirà solo un suono leggero, come il battito d’ali di una farfalla.
È una voce.
È un bambino che la chiama “Maestra