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tercas 1600x1200I fondi concessi dal Fondo Interbancario alla Popolare di Bari per il salvataggio di Tercas nel 2014 e poi bocciati dall'Antitrust Ue non erano 'aiuti di stato'. E' il verdetto pronunciato oggi dalla Corte Ue che ha di fatto respinto l'impugnazione dell'Antitrust europeo che contestava la sentenza del Tribunale, risalente al 2019, secondo cui i fondi non costituivano aiuti di Stato in quanto non controllati dalle autorità pubbliche italiane. La sentenza annulla così definitivamente la decisione dell'Antitrust Ue che aveva ordinato all'Italia di recuperare da Tercas aiuti di Stato per 295,14 milioni di euro.
    Secondo i giudici di Lussemburgo, il Tribunale Ue "ha correttamente dichiarato che tali misure non costituiscono aiuti di Stato in quanto non sono imputabili allo Stato italiano". Una notizia accolta con "grande soddisfazione" dal presidente dell'Abi Antonio Patuelli, che chiede ora di risarcire adeguatamente e tempestivamente i risparmiatori e le banche concorrenti italiane "per i gravi danni subiti per l'errore di diritto compiuto dalla precedente Commissione Europea".
    Il caso risale al 2013 quando la Banca Popolare di Bari manifestò l'interesse alla sottoscrizione di un aumento di capitale di Banca Tercas, posta in amministrazione straordinaria in seguito ad irregolarità accertate dalla Banca d'Italia. Tale manifestazione d'interesse era subordinata alla condizione che il deficit patrimoniale di Tercas fosse interamente coperto dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd). Nel 2014, il Fitd decise di coprire il deficit patrimoniale di Tercas e di concederle garanzie, misure approvate dalla Banca d'Italia. Il 23 dicembre del 2015, però, l'Antitrust Ue constatò che si trattava di aiuto di Stato illegittimo concesso dall'Italia a Tercas e ne ordinò il recupero. L'Italia, Bpb e il Ftid, sostenuto dalla Banca d'Italia, proposero allora ricorsi di annullamento della decisione, accolti il 19 marzo 2019 dal Tribunale, secondo cui le condizioni per qualificare l'intervento come aiuto di Stato non erano soddisfatte, poiché l'intervento non era né imputabile allo Stato italiano né finanziato mediante risorse statali da esso provenienti.
    Oggi, rigettando l'impugnazione presentata dalla Commissione, i giudici di Lussemburgo ricordano che affinché i fondi siano considerati 'aiuti' di Stato devono "essere concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali ed essere imputabili allo Stato". Cosa di cui la Corte non ha evidenziato la sussistenza.