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AidastoppaAbbiamo rivolto alcune domande ad Aida Stoppa sul suo nuovo libro di racconti “Questa strana vita” (Duende edizioni).

Professoressa, lei ha ricevuto un riconoscimento da parte del presidente Mattarella, l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana “per meriti letterari e artistici”. Che cosa ha provato?

Un senso di stupore e di gratitudine per chi ha dimostrato di apprezzare a un livello così alto il mio lavoro.  Forse il racconto è il genere letterario che mi dà più possibilità di taglio rapido e narrazione veloce.

Di nuovo in libreria con “Questa strana vita. Racconti singolari di ieri e di oggi” Perché ha scelto questo titolo?

Per sottolineare la straordinarietà della vita, i suoi aspetti fuori del comune, talora eccezionali o anche meravigliosi, incredibili, che destano stupore, curiosità o incertezza, divertimento, preoccupazione o altre reazioni, e che si intrecciano con attività, esigenze, regole eprincipi che si ripetono. “Strano” è in realtà una parola che mi ha sempre affascinata e che comporta un’attenzione verso ciò che è singolare, unico nel proprio genere, caratteristico, particolare, eccentrico, speciale.

La vita è un incrociarsi di fenomeni imprevedibili. E se la regola ritorna sempre, in forme prescritte o dovute, necessarie o più opportune, a disciplinare l’esistenza e l’attività individuale e collettiva, ciò che è “strano” e diverge dall’abitudine esalta la fantasia, suscita lo stupore. Per questo lo “strano” mi ha sempre attratta, fin dall’adolescenza gli attribuivo il valore di uscire dal consueto, dal previsto, e di sorprendermi. Ricordo che quando a scuola, in prima ginnasiale, usai il termine “strana” per definire una mia compagna, lei si offese, mentre intendevo lodarla. In sostanza, sono un’anticonformista, che scegli ciò che le è più congeniale. 

Cinque racconti sulla scuola e quattro racconti sono dedicati alla vita “molto speciale dei gatti”. Perché questa scelta?

I racconti sulla scuola tratteggiano, come  ha scritto Renato Minore, “eroici non eroi”, chiusi entro “la propria gabbia di comportamenti e di azioni” : è il mondo della scuola, dove il docente perde progressivamente l’aureola. Il ritmo delle vicende è scoppiettante e incalzante: accelerazioni di effetti e battute per evidenziare una crisi, quella della scuola, le cui vicende sono tratte da episodi realmente accaduti, rivissuti con spirito scanzonato e beffardo, che maschera la malinconia del ricordo.

Per quanto concerne gli animali, li ho sempre considerati nostri fratelli. In particolare amo, dei gatti, la tenera ferinità, l’enigma, il mistero, la capacità di categorizzazione, che permette alla mente di formulare  concetti generali sotto i quali può essere compresa la realtà. Ho letto di recente pubblicazioni scientifiche che confermano queste mie osservazioni sulla intelligenza degli animali.

Con quale criterio ha scelto i racconti?

Potrei rispondere: la varietà della vita. I primi tre racconti sono ispirati a storie del Medioevo o di età immediatamente successiva, gli altri all’oggi e alla quotidianità: un ritmo continuo e battente, impressionista e vivace regge la struttura delle composizioni. Alcune trame sono suggerite da esperienze personali, altre sono di pura invenzione, frutto di riflessioni sull’infinita varietà della vita e dei modi di vita degli individui. Ciò che accomuna la narrazione di argomenti diversi è la scelta del linguaggio, che in alcuni casi oscilla tra il tenero e l’ironico, lo scherzoso e il serio, ma che non giunge mai al sarcasmo.

Le storie del libro “si articolano in diverse e scintillanti trame verbali, in un’ottica impressionistica, animata da un linguaggio attento ai valori dello stile, nitido e brillante, ricco di interiore musicalità”. 

Le piace questa definizione?

La risposta è affermativa, e sono grata a chi individua in ciò che ho scritto tante importanti qualità. Vorrei sottolineare, comunque, la presenza dell’ironia, che s’intreccia, in modo più o meno evidente, con aspetti seri e critici della vita. L’intenzione di rilevare un difetto o muovere un rimprovero è però senza  malanimo o volontà di condannare e riprendere gravemente persone  e cose.

Ciò che mi porta irresistibilmente verso la scrittura è la passione per la parola, fuoco d’oro della vita, che dà la possibilità di comunicare agli altri sentimenti e pensieri, di raggiungere una autentica condivisione”. La pensa sempre allo stesso modo?

Certamente sì. La parola è mezzo di espressione individuale e sociale, realizzato a voce o per iscritto, in forme artistiche dotata di incisività più o meno  efficace. Non si scrive per se stessi, nella maggior parte dei casi, ma per comunicare agli altri sentimenti e pensieri, per  rafforzare la nostra umanità, il colloquio con i nostri simili : come potrei venir meno a questa esigenza fondamentale del nostro spirito e delle nostre vite?Al tempo stesso, una scrittura letteraria può tendere, attraverso l’uso di particolari figure retoriche, tropi o traslati, a sopravanzare l’immediato e attingere a simboli di una realtà diversa: la frase viene adoperata con senso o costrutto insolito rispetto a quello che normalmente avrebbe, e le interpretazioni si collocano nel regno della singolarità e della fantasia. Ascoltare, realizzare, diffondere parole per noi significative vuol dire “accendere l’esistenza”, rompere la solitudine, il silenzio, trasmettere riflessioni, passioni, pensieri che caratterizzano la nostra umanità.

Che cosa rappresenta l’immagine in copertina?

Lo Chahut di Georges-Pierre Seurat, un ballo simile al can –can e molto in voga alla fin dell’Ottocento a Parigi. 

Seurat per realizzare il dipinto si ispirò a una poesia di Jean Ajalbert intitolata “Lo Chahut”. Sul palco del locale parigino, in primo piano, un contrabbassista di schiena suona il suo strumento sotto la guida del direttore d’orchestra. Oltre il palcoscenico il pubblico osserva i danzatori, nell’angolo in basso a destra un signore con il cappelloguarda compiaciuto la danza. Le ragazze indossano ampie gonne, calze scure e scarpe con fiocchi, con una mano sollevano l’abito e con l’altra stringono un ventaglio chiuso. I ballerini con lunghi baffi, elegantemente vestiti, accompagnano le danzatrici. Luci e decorazioni floreali impreziosiscono le pareti. Ho scelto questo dipinto per il senso della vita che esplode nel fascino della dinamica e del movimento.

Aida Stoppa, figlia del giornalista e scrittore Tommaso Bruno Stoppa è nata a Teramo. Ha insegnato Storia dell’Arte nel Liceo Classico, Italiano e Storia in altri Istituti superiori.

Collabora con la “Rivista Abruzzese di scienze, lettere e arti”.Ha pubblicato:La perdita d’aureola. Parabole sulla scuola di fine millennioSette universi di passione. I romanzi:Io, Cristina. Storia di Cristina da Pizzano. Alle origini della Querelles des femmes; Memorie dell’amore e del disamore.

Ha ricevuto innumerevoli premi e segnalazioni.

ANNA BRANDIFERRO