Qualche giorno fa girava in rete il video di un presunto soldato israeliano che, tra un bombardamento e l'altro, tra massacri e carneficine, passasse il suo tempo libero a rompere strumenti diagnostici nel reparto oncologico di un ospedale a Gaza (ma ce ne sono ancora?). Ma davvero si crede che oggi a Gaza il problema sia il cancro? Dai, non scherziamo. L'unico cancro ancora rimasto a Gaza è Hamas. Quando si capirà questo sarà troppo tardi perché è già tardi. Poi compare la notizia che più di seicento palestinesi sono stati uccisi nei pressi di un centro di soccorso umanitario e che le autorità israeliane hanno subito denunciato il massacro responsabilità di Hamas allo scopo di fare ricadere la colpa sull'esercito israeliano. Insomma, molti sono i video di propaganda che Hamas lancia in giro per mostrare al mondo la crudeltà dei sionisti, guardandosi bene dal mostrare le loro, ben più minacciose per l'Occidente. Ovviamente, tutto è da accertare in questa triste vicenda di guerra (il genocidio è tutt'altra questione che questa, e non mi spendo un attimo a spiegarne le particolarità programmatiche, strutturali e fattuali), ma una cosa è certa: Hamas da sempre usa il popolo palestinese come scudo umano per difendere il proprio disegno di distruzione dello Stato di Israele.
L'Occidente l'unica azione utile che può fare oggi a concreto salvamento del povero popolo palestinese superstite ma ancora ostaggio di Hamas, di là dalla chiacchiera soffiata in giro dai pacinorosi tavernicoli pro PAL alla cazzo di cane (già Nox Vax Populi, già Putiniani Italiani, già terrappiattisti, già sciisti, da sempre una brutta razza di ignoranti paranoici complottisti della domenica, se non devono andare a insozzare qualche spiaggietta ora che è estate, una marmaglia che avrebbe dovuto essere fermata con dure sanzioni già negli anni più delicati dell'emergenza Covid-19), chiari antisemiti (fare la distinzione tra antisemita e antisionista è pura ideologia razzista, vale a dire fascista, sarebbe come dire: Amo i napoletani, però Napoli non deve esistere, e non a caso porto a esempio Napoli, in punto di taverna), è quella non di affidarsi alla puerile azione di ridicoli sbandieratori ma di sostenere senza sconti la guerra campale mossa dallo Stato di Israele contro il terrorismo islamico e chi lo finanzia, ovunque accada, fino alla estirpazione di tutte le organizzazioni terroristiche islamiche a partire proprio dai terroristi islamici palestinesi di Hamas (sì, sono tutti palestinesi i membri di Hamas armati fino ai denti e ne sono circa 40.000, di cui circa 5.000 parteciparono al massacro del 7 ottobre), che, favorendo il massacro quotidiano del proprio popolo, di cui afferma difendere principi e diritti, è il solo responsabile di ciò che sta ancora avvenendo sulla Striscia, dove detiene ancora cinquanta israeliani sequestrati il 7 ottobre, tra vivi e morti: se Hamas tenesse al popolo palestinese non avrebbe fatto il massacro del 7 ottobre, sapendone le micidiali conseguenze, o avrebbe riconsegnato subito tutti gli ostaggi per limitare le naturali conseguenze, o si sarebbe consegnato insieme agli ostaggi per evitare ogni conseguenza. Ciò non è avvenuto e non avverrà mai perché Hamas della sorte dei palestinesi se ne frega altamente e vuole solo la distruzione dello Stato di Israele e del suo popolo (di Napoli e dei napoletani, tornando all'esempio di prima). E questo è il terrorismo islamico, cioè l'affermazione dell'Islam come unica religione a governo del mondo attraverso la guerra santa, quindi la distruzione di ogni altro credo e credente e ateo e agnostico che non si convertano alla religione promulgata da Maometto. Ma l'integralismo islamico cos'è invece?
Molti confondono terrorismo islamico e integralismo islamico, cioè la lotta armata contro gli infedeli per l'affermazione dell'Islam con l'osservanza piena dei precetti islamici nel popolo mussulmano, addirittura fino a considerarli legge di stato. Qualche giorno fa al mare ho visto una donna completamente coperta da capo a piedi che si dirigeva verso il bagnasciuga a richiamare le sue figlie piccole, ancora libere di fare il bagno in costume perché non ancora adolescenti. Questo è l'integralismo islamico per esempio. Quando invece dall'adolescenza, dal primo ciclo mestruale possiamo pure dire, le donne islamiche sono relegate a servitù dell'uomo musulmano - sostanzialmente queste donne nel mondo mussulmano sono relegate a un ruolo di inferiorità pari a un animale da cortile. Nessun contatto sociale è permesso loro, neanche il più banale, come recarsi al mercato a fare la spesa; difatti un altro giorno nel parcheggio fortunatamente coperto di un supermercato ho visto due donne mussulmane, ancora completamente coperte da capo a piedi, aspettare fuori da un'auto parcheggiata i loro padroni - neanche di camminare al fianco del proprio marito è permesso loro ma sempre un passo indietro. Poi queste costrizioni variano da tradizione a tradizione, le più restrittive si applicano nella Penisola Arabica, dove l'Islam è nato per rivelazione di Allah a Maometto (La Mecca, 610 d. C.) estendendosi prima in Medio Oriente e nel Nordafrica e poi nel resto del mondo, e in Iran. Ma l'integrazione islamica in Occidente cos'è allora? Le nostre chiese richiamano alla messa con il suono delle campane. E ognuno è poi libero di recarsi nella propria parrocchia per partecipare alla funzione oppure no. Ma se non ci si reca in chiesa, nessuno è costretto a partecipare alla funzione, credente o no che sia. Neanche a passare davanti una chiesa all'ora della messa ci si accorge che è in atto la funzione. Nell'Islam europeo invece quando è ora della preghiera, e ciò accade per cinque volte al giorno con l'interruzione obbligatoria di ogni altra attività, anche lavorativa, dal minareto il muezzin chiama alla preghiera urbi et orbi e comincia le sue litanie a piena voce e in stereofonia così tutti, indistintamente, sono costretti ad ascoltarle, altri credenti e atei e agnostici e sordi compresi, tramutando ogni luogo in casa loro. E il tutto per un tempo che varia dai 10 ai 20 minuti. Ed è talmente alto il volume usato nella trasmissione di tali funzioni da coprire ogni altro rumore ambientale. Per questo molte questioni in Europa nascono quando si tratta dell'autorizzazione all'innalzamento di minareti. Anche qui trattasi di integralismo perché si pretende che tutti subiscano le liturgie islamiche. E certo non trattasi di integrazione, perché è un processo che deve riguardare esclusivamente l'emigrante quella di mettersi in comunione con le tradizioni che incontra nel paese ospitante senza pretendere di trasformarlo sulla base della propria cultura. Prima di sbandierare vessilli incongrui, bisognerebbe accertarsi da che parte soffi il vento e che non si faccia troppo forte.
MASSIMO RIDOLFI