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regione-abruzzoCon la deliberazione n. 37/7 del 28 luglio scorso, il Consiglio regionale dell'Abruzzo, nell'approvare una risoluzione sulla regolamentazione dell'assistenza non sanitaria all'interno delle strutture di ricovero, utilizza dei toni inaccettabili e offensivi per chiunque eserciti la professione di Assistente Sociale. Nel documento, pubblicato a fine agosto sul Bollettino ufficiale della Regione (Bura), si legge, testualmente, che “le cosiddette badanti 'in nero' assistono i pazienti soprattutto durante i pasti ed il riposo notturno, in sostituzione dei familiari, dietro compensi che, visto l'importo contenuto, sfuggono facilmente ai controlli fiscali incrementando così, oltre all'evasione, il cosiddetto caporalato. Esse avvicinano i pazienti a letto e lasciano perfino i biglietti da visita nei reparti, sebbene entrambe queste procedure siano tassativamente vietate. Un sottobosco fatto di passaparola, suggerimenti da parte del portiere, delle infermiere dell'ospedale o anche dalle assistenti sociali, spesso non disinteressati a questo giro di lavoro nero”. Queste parole, e in particolare il riferimento alla professione dell'Assistente Sociale, sono sintomo di un linguaggio inqualificabile. Il Consiglio regionale manifesta palesemente la volontà di diffamazione e calunnia nei confronti di una intera categoria professionale. L'assise, che dovrebbe essere la massima espressione democratica della regione, ha sottoscritto un atto altamente lesivo per tutti gli Assistenti Sociali, che per compiti istituzionali, funzioni e competenze svolgono un lavoro altamente specializzato che non può essere confuso né scambiato con altre professioni o altri saperi professionali, con l’inevitabile rischio di snaturarne i principi e confondere così l’utenza e l’opinione pubblica a cui viene infine reso un discutibile e/o pessimo servizio. Pensare che sia proprio la Regione Abruzzo a fornire, attraverso il Piano sociale e il Piano sanitario, le linee direttive per le riforme delle politiche sociali, ci preoccupa non poco. L'Ordine infatti svolge attività di vigilanza e tutela della professione, nonché funzioni di controllo sul territorio di competenza relativamente all'esercizio abusivo della stessa, sia rispetto a coloro che pur esercitandola non risultino iscritti all'Albo, sia rispetto a quanti pur svolgendone le funzioni non siano dotati del titolo, e perciò del percorso formativo prescritto. Il titolo di Assistente Sociale, dunque, esprime l'unicità della professione e la sua identità culturale. Se il Consiglio Regionale è a conoscenza di specifici casi di iscritti all’Albo che hanno violato il Codice Deontologico, li denunci con nome e cognome al Consiglio di Disciplina territoriale degli Assistenti Sociali per le giuste sanzioni disciplinari. Se al contrario, come si teme, il linguaggio usato dal Consiglio Regionale è solo espressione di un vuoto populismo, allora questo Ordine professionale reagirà con fermezza nelle opportune sedi per far cessare questa ingiusta diffamazione e calunnia nei confronti dell’intera categoria professionale. L'Ordine regionale degli Assistenti Sociali (Oras Abruzzo) auspica che venga rettificata e ritirata la delibera di Consiglio, chiedendo contestualmente un incontro urgente al presidente della Regione Luciano D'Alfonso e all'assessore al ramo Marinella Sclocco.   Il Presidente Maria Palleschi