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ombrina_mareNel corso della Conferenza dei Servizi svoltasi ieri mattina a Roma, il Ministero dello Sviluppo Economico ha deciso di rigare dritto nonostante un NO espresso a più riprese, in modo netto e deciso, dalla maggioranza degli abruzzesi. Lo scrive il Coordinamento Nazionale No Triv. Come facilmente prevedibile, sostituendosi alla Corte Costituzionale, il MISE non ha tenuto conto della legge regionale che introduceva il divieto per le attività petrolifere entro le 12 miglia e neppure della legge regionale sul parco marino dei trabocchi. Ha ignorato l'esistenza di ben due ricorsi pendenti presso la Corte Costituzionale contro Sblocca-Italia/Legge di Stabilità 2015, e Disciplinare-tipo. Infine, ha ignorato l'esistenza di un Referendum, ormai avviato, per l'abrogazione dell'art. 35 comma 1 del Decreto Sviluppo. Prossimi passi: rilascio del titolo minerario a beneficio della Rockhopper Exploration ed inizio delle attività in mare entro il primo semestre del 2016. Cos'è questa se non una guerra dichiarata dal Governo agli abruzzesi? Prendiamo atto, nello specifico, che il Ministero dello Sviluppo Economico ha inteso chiudere il procedimento a tutti i costi pur di assecondare le mire fossili della Strategia Energetica Nazionale. Quanto accaduto ieri non pone soltanto una questione di legittimità ma costituisce soprattutto l'ennesimo momento di rottura tra un potere accentratore ed autoritario e le comunità locali. Un duro colpo inferto alla democrazia, che viene a cadere per di più in un momento particolarmente delicato della via del Paese. Il Governo non intende dialogare con nessuno se non con se stesso: il che dimostra la necessità di accelerare sulla questione referendaria contro le trivelle in mare e terraferma, divenuta ormai questione non più procrastinabile. Oggi, più che mai, la questione Ombrina è questione che non riguarda più solo l’Abruzzo ma tutto il Paese. Ci si prepari velocemente, dunque, ad andare al TAR Lazio ma si risponda all'aggressione di un Governo ottuso e autoritario con iniziative forti e condivise nei luoghi della rappresentanza e nelle piazze, con tutto il senso di responsabilità e fierezza di cui l'Abruzzo e gli abruzzesi sono da sempre capaci. 12208779_940535419344936_4490654958668253948_n“Il comportamento del Ministero dello sviluppo economico è inconcepibile e irresponsabile. Ci saremmo aspettati quantomeno una sospensione dell’iter autorizzativo, se non la revoca, viste le due leggi regionali vigenti che di fatto vietano la costruzione della piattaforma a largo della costa teatina. Ci sembra assurdo che non sia stato minimamente tenuto conto del contenuto di due norme che sono state regolarmente votate e approvate dal consiglio regionale abruzzese, sulla cui illegittimità dovrà esprimersi nel caso la corte costituzionale e non di certo i funzionari del ministero stesso. Nonostante inoltre il parere contrario delle regioni, dei comuni, dei cittadini e delle tante associazioni ambientaliste scese oggi in piazza a Roma contro Ombrina Mare, la piattaforma petrolifera che dovrebbe sorgere a largo della costa abruzzese, il Mise pur non avendo oggi rilasciato il nulla osta definitivo al progetto, di certo, non ha dimostrato nessun interesse nel voler fermare questo progetto.” Così commenta Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo presente alla manifestazione organizzata sotto al ministero dello Sviluppo Economico a Roma, dove si è tenuta la Conferenza dei Servizi sul progetto “Ombrina Mare”. La piattaforma farà male all’ambiente, al territorio, alla salute dei cittadini e alle attività come il turismo e la pesca. Legambiente continuerà a battersi con tutti i mezzi che ha a disposizione, e nel caso del rilascio dell’autorizzazione, anche facendo ricorso alla giustizia amministrativa, viste le numerose lacune sia nel progetto che nell’iter procedurale. “L’ostinazione che sta dimostrando il Ministero dello sviluppo economico – aggiunge Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – è la stessa che sta avendo il Governo Renzi in materia di trivellazioni petrolifere, decidendo di non ascoltare la voce dei tanti cittadini e delle associazioni che si dicono contrarie a questa assurda scelta. Pensare che il futuro energetico del Paese possa essere legato al petrolio e alle trivelle vuol dire riproporre un modello vecchio, insensato e inefficace. Oggi è evidente l’urgenza di abbandonare la deriva petrolifera e investire finalmente in energie rinnovabili, risparmio ed efficienza energetica. Non sono solo le associazioni a chiederlo ma anche le stesse Regioni, visto che nei mesi scorsi da ben 10 amministrazioni hanno richiesto un referendum per l’abrogazione delle norme pro trivelle, che, a questo punto, rappresenterà ancora di più un importante strumento per un futuro energetico diverso.”