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Riceviamo e pubblichiamo di Massimo Francschelli /avvocato specializzato in contoversie di lavoro giornalistico e in difesa dei quotidiani on line   tribunale-teramo-3La vasta eco prodotta dalla su citata sentenza della Cassazione, impone al sottoscritto difensore del quotidiano online PrimaDaNoi.it di effettuare e ribadire (come fatto nel passato: cfr. articolo 15 settembre 2014 sul quotidiano) alcune precisazioni: 1)    Innanzi tutto, come ritengo che sia sfuggito ai vari commentatori, bisogna porre attenzione alle conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. Federico Sorrentino “che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione”. Nella requisitoria il medesimo ha proprio trattato  il “così detto diritto all’oblio”, precisando la sua rilevanza soltanto a distanza di tempo notevole dalla definizione del caso, richiamando il diritto di cronaca e di informazione rispettivamente del giornalista e dei cittadini, precisando che, nella specie il procedimento penale era ancora in corso. 2)    In secondo luogo bisogna evidenziare l’estrema incertezza, della sentenza della Corte in commento, laddove nella motivazione effettua la 3)    La Corte ha ritenuto di poter seguire le motivazioni della sentenza del Tribunale, completamente obliterando le disposizioni del Codice della Privacy, art. 99 co. 1 e 2 (Compatibilità tra scopi e durata del trattamento) e 139 (Codice di deontologia relativo ad attività giornalistiche), nonché gli artt. 1,5,6,12 e 13 del codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica del 29 luglio 1998 i n Gazzetta Ufficiale 3 agosto 1998 n. 179. In altri termini, la Corte ha dato per scontato che (in applicazione dell’art. 136, 7,11,15 e 25 del Codice) sussistesse la illiceità dei dati personali, per il solo fatto del riferimento nell’articolo alla indicazione dei fatti accaduti e delle persone coinvolte, senza alcuna applicazione dei principi vigenti in tema di diritto di cronaca, ribadendo che tale illiceità sarebbe venuta a cessare soltanto con la (effettuata, erroneamente, dal quotidiano, evidentemente per consiglio del precedente difensore) dell’articolo effettuata dal legale rappresentante del quotidiano in parola. 4)    Deve essere precisato, a questo punto – proprio per ribadire l’errore della Corte - che, in applicazione dell’art.99 D.Lgs. n.196/2003, sub Titolo VII – Trattamento per scopi storici, statistici o scientifici – intestato “Compatibilità tra scopi e durata del trattamento”, esiste una giurisprudenza costante e recente del Garante per la Protezione dei Dati Personali che, nel respingere una serie di ricorsi volti ad ottenere l’aggiornamento delle notizie giudiziarie diffuse online, o comunque ad ottenere l’oscuramento dei dati del ricorrente o l’uso di iniziali in luogo del nome, hanno rilevato che “il trattamento, in origine effettuato per finalità giornalistiche, rientra ora, attraverso la conservazione nell’archivio online del quotidiano, tra i trattamenti effettuati per fini storici. Tale ulteriore finalità, per espressa previsione normativa (art.99, comma 1, del Codice), è considerata compatibile con i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti e trattati, rendendo pertanto lecito il perdurante trattamento” (Provv. 18 febbraio 2010 [doc. web n.1706475]; Provv. 15 luglio 2010 [doc. web n.1746654]; provv. 29 settembre 2010 [doc. web n.1763552]); provv. 22 luglio 2010 [doc. web n. 1748818] ; provv. presi nel dicembre 2015 e nel 2016 doc. web nn3623819,3623851,3623897, 3623919,3623954,36240003 e 3624021). Pertanto, secondo il Garante per la privacy, le finalità storiche, connesse alla conservazione negli archivi dei quotidiani online dei testi degli articoli a suo tempo pubblicati, rendono il trattamento dei dati perfettamente lecito, senza possibilità di ottenerne la rimozione o l’oscuramento. 5)  “Il diritto all’oblio, o diritto alla riservatezza, è in contrasto con il diritto di cronaca e con l’attualità della notizia e l’interesse pubblico all’informazione. Anche a distanza di tempo, un fatto precedente, per altri eventi sopravvenuti, ritorna di attualità; l’attualità comporta la compressione dei beni giuridici della riservatezza, dell’onore e della reputazione” (Cass. Sez. 3°, sentenza n.3679 del 9.4.1998). Così deciso dalla Suprema Corte, che per la prima volta ha parlato del c.d diritto all’oblio definito quale nuovo profilo del diritto alla riservatezza, riconosciuto con riferimento non soltanto al lungo tempo trascorso dalla pubblicazione della notizia, ma anche alla inesistenza di altri eventi sopravvenuti nel frattempo. Successivamente alla citata sentenza, la Corte ha stabilito una serie di principi in pieno contrasto con la sentenza in commento: I. “Attualità della notizia e attualità dell’interesse pubblico costituiscono risvolti di una delle condizioni alle quali è subordinato l’esercizio del diritto di cronaca e di critica che, sostanziando quel presidio costituzionale, giustifica il sacrificio degli anzidetti beni giuridici ed integra, sul piano penale, la speciale esimente di cui all’art.51 c.p.. Il decorso del tempo può attenuare l’attualità della notizia e far scemare, al tempo stesso, anche l’interesse pubblico all’informazione” [in motivazione di Cass. Sez.V penale 17 luglio-24 novembre 2009 n.45051]. II. Anche in tema di memorizzazione di articoli nella rete internet, la Suprema Corte (cfr. Cass. Sez.III Civile sent. n.5525 del 5 aprile 2012) ha fatto applicazione dei su descritti principi, con riferimento ad articolo del 22 aprile 1993 pubblicato sul Corriere della Sera (dal titolo “Arrestato per corruzione T.M., psi ex presidente della municipalizzata di Seregno”) e successivamente consultabile in versione informatica mediante accesso al sito www.corriere.it; in ordine al quale l’interessato aveva chiesto la «rimozione dei dati giudiziari» ed il «blocco dei dati personali che lo riguardavano» (richieste respinte sia dal Garante che del Tribunale di Milano), in considerazione dell’esito finale dell’inchiesta giudiziaria conclusasi con il proscioglimento del medesimo. Si legge nella motivazione: “Rispetto all’interesse del soggetto e non vedere ulteriormente divulgate notizie di cronaca che lo riguardano, si pone peraltro l’ipotesi che sussista o subentri l’interesse pubblico alla relativa conoscenza e divulgazione per particolari esigenze di carattere storico, didattico, culturale o più in generale deponenti per il persistente interesse sociale riguardo ad esse. Un fatto di cronaca può, a tale stregua, assumere rilevanza quale fatto storico, il che può giustificare la permanenza del dato mediante la conservazione in archivi altri e diversi (es. archivio storico) da quello in cui esso è stato originariamente collocato”. Come si può immediatamente evincere e ribadire dai su riportati principi: il così detto «diritto all’oblio» sorge nel momento in cui, per il notevole tempo ormai trascorso dalla «pubblicazione», meglio, dalla «inserzione nel sito internet» della notizia e/o dell’articolo, sono venuti a cessare l’attualità della notizia e l’interesse pubblico; un fatto di cronaca, relativo a vicende giudiziarie penali da tempo trascorse, può assumere rilevanza quale fatto storico e può essere legittimamente conservato nell’archivio storico, in applicazione dell’art.99, 1° e 2° comma, D.Lgs. n.196/2003. Pertanto, la sentenza in commento, costituisce un … di fronte al consolidato principio che , se non quando la vicenda giudiziaria oggetto del diritto di cronaca sia definitivamente risolta, o, per il  lungo tempo trascorso, non abbia più le caratteristiche dell’attualità e dell’interesse pubblico. Ma tali requisiti possono – come sancito dalla Suprema Corte - , ove nuovi fatti o elementi ne richiamino l’interesse pubblico.