• MCDONALDS
×

Avviso

Non ci sono cétégorie
La passione per la montagna di Roberto Iannilli, 60 anni, romano, da sempre è stata costellata di sfide. E come purtroppo il Gran Sasso ci sta drammaticamente abituando ormai, è su una montagna, il Monte Camicia, che uno degli alpinisti più esperti e preparati d’Italia, con all’attivo decine di spedizioni anche all’estero, ha perso la vita. Roberto Iannilli non era da solo sul monte Camicia: era con un suo caro amico, alpinista esperto anche lui, Luca D’Andrea. Tante le scalate fatte insieme e in vetta c’era sempre il tempo per una foto. Li hanno trovati ancora legati tra loro: uno dei due deve aver perso l’appiglio e trascinato l’altro giù fino alla morte. Iannilli nel 2010 era rimasto vittima di un altro incidente in montagna: era caduto dal Paretone sul Gran Sasso. E il monte Camicia lo aveva scalato più volte. In chi lo ha conosciuto e stimato, di Roberto Iannilli restano le imprese: aveva esplorato tutte le pareti del Gran Sasso , dalle placche compatte del Corno Piccolo, alle grandi pareti selvagge come la parete nord del Monte Camicia: oltre cento vie nuove, molte aperte in solitaria, alcune tra le più impegnative del gruppo. Aveva messo a segno sei spedizioni tra Himalaya e Cordillera Blanca, con il risultato di dodici itinerari nuovi, quattro dei quali arrivano in vetta a cime mai prima salite. Dodici vie, anche di 2000 metri di lunghezza.  Di Roberto Iannilli resta la passione: “Fare alpinismo è per me essere vivo”, diceva, “Sentire me stesso, misurarmi, definire i miei limiti e cercare di migliorarli…” In chi lo piange, resta l’amara consolazione: che per l’ultima volta, nei suoi occhi, abbia avuto la sua montagna 10003184_10205782944557562_5403936600511196416_n 37528_1558461046187_5726085_n