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ospedale teramo 6«Finalmente il piano di riordino della rete ospedaliera abruzzese targato d’Alfonso-Paolucci-Mascitelli - scrive il segretario regionale ANAAO-ASSOMED Abruzzo, Filippo Gianfelice - è stato presentato e approvato. Forse, se non ci si fosse "intestarditi" su alcune “idee” di partenza, il risultato che avremo ottenuto sarebbe stato migliore e più adeguato a quelle che sono, e saranno, le esigenze del cittadino-paziente abruzzese. Innanzitutto desta qualche perplessità il principio che “fare il compitino” per primi in Italia, fra le regioni in piano di rientro, ci fornisca il lasciapassare, tanto voluto da alcuni, all’uscita dal commissariamento. Se questa operazione porterà finanziamenti, saremo i primi ad esultare, ma noi non vediamo nulla all’orizzonte: per abbattere le liste d’attesa, ridurre la mobilità passiva, dare risposte alle esigenze dei cittadini occorrono investimenti, sia sul personale che in apparecchiature. Se persiste il turn-over al 50 per cento, per sostituire Medici in ospedale, con concorsi la cui durata è almeno di due anni, se permane il blocco delle assunzioni di personale a tempo determinato, se nella sanità pubblica abruzzese  è presente strumentario con più di vent’anni, non credo si raggiunga nessun obiettivo minimo accettabile. Ancora, l’aver pensato sempre che il modello istituzionale di una unica Asl potesse adattarsi facilmente alla nostra regione è, probabilmente, l’errore maggiore: la nostra regione non è come le Marche, per storia, territorio e viabilità, e ciò è dimostrato dal fatto che alla fine si è dovuto lasciare, almeno per ora, tutto com’era. Questo ha comunque portato ad avere, sulla carta, un’area con grosse concentrazioni di attività (vedi area Chieti-Pescara), ma con molti doppioni nelle due strutture “vicine”, che nulla ha a che vedere con il modello di ospedale di secondo livello descritto nel decreto Lorenzin, in cui sono previste alte specialità in una unica struttura. Di contro sono rimaste più sguarnite alcune aree, come, per esempio, quella del Vastese,  dove tutto è affidato  ad una rete dell’emergenza in gran parte da costruire e dove solo l’abnegazione  di molti medici ed operatori sanitari dell’emergenza spesso  evita catastrofi.  Certamente miglior risultato, più vicino alla storia dei territori e ai dati esistenti, si sarebbe ottenuto realizzando due aree vaste sanitarie comprendenti i territori della provincia di Chieti e Pescara da un lato e L’Aquila e Teramo dall’altro,  nei cui rispettivi ambiti si sarebbero meglio omogeneizzate le vocazioni degli ospedali principali, producendo un’offerta sanitaria completa di alta specialità per ciascun bacino d’utenza e rivitalizzando in ciascuna area le due "sofferenti" facoltà di medicina abruzzesi. Noi l’abbiamo detto da tempo. Alcuni lo capiscono ora. Forse ci si può ancora pensare.