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Non ci sono cétégorie
di Antonio D'Amore cenaC’è sempre un ristorante, nella storia politica italiana. Un ristorante nel quale si disegnano strategie, si tracciano rotte, si stringono alleanze, si decidono ribaltoni. Le cronache ci hanno raccontato, negli anni, storie di ristoranti romani, napoletani, milanesi. Storie di cene e di scenari. Anche in Abruzzo, quel ristorante c’è. Ed è strategico, già nella posizione: un po’ Chieti, un po’ Pescara, comodo dall’autostrada, vicino all’aeroporto. Anonimo quanto basta, facile da trovare, troppo frequentato per essere notati. Quel ristorante, si chiama Hotel Dragonara, E’ qui che si è scolpito il destino di una giunta regionale, è qui che si sono gettate le basi di un paio di giunte comunali, è qui che un parlamentare seppe di non essere “ricandidato gradito”, è qui che un editore assicurò per un pugno di lenticchie ad un grosso imprenditore indagato i servizi di un blogger “finto libero”. E’ qui, soprattutto, che qualche sera fa si sono ritrovati: un parlamentare col cuore a destra e il partito a sinistra, un ex presidente di pluripartecipata plurindebitata, un ex assessore che studia da sindaco e un presidente che studia da ministro. Sul tavolo, la testa del convitato di pietra: un sindaco che cerca di resistere ad un destino già scritto. Per essere più chiari: il parlamentare col cuore a destra e il partito a sinistra era Paolo Tancredi, l’ex presidente di pluripartecipata plurindebitata era Giacomino Di Pietro, l’ex assessore che studia da sindaco era Alfonso “Dodo” Di Sabatino Martina e il presidente che studia da ministro? Ovviamente, Luciano D’Alfonso, sceso all’Hotel Dragonara per dettagliare la road map degli ultimi giorni di Brucchi, condannato a morte politica dall’impossibilità di Dodo di reggere il gioco double face di Paolo Gatti (che con Futuro In tiene in vita la Giunta e con Nuove Energie la tiene in agonia) e dalla necessità di Tancredi di dare un senso al suo essere dell’Ncd, ovvero parte di quel governo che permette a Renzi di vestirsi da premier ogni mattina. Anche se, come sempre, vedrete che tutti negheranno di essere stati seduti a quel tavolo, questa potrebbe essere la cena politicamente più "teramana" degli ultimi anni. Dopo quella cena, infatti, è evidente come la pugnalata mortale, quella che vedrà cadere il “cesare” Brucchi, non arriverà dunque solo da Dodo, né solo da Gatti, ma forse anche e soprattutto dall’amico di sempre, quel Paolo Tancredi chiamato, in queste ore, a sedere anche al tavolo di un gioco diverso, nel quale il mazzo lo tiene una sua collega del Ncd, Federica Chiavaroli, che ha assicurato l’appoggio degli alfaniani alla ricandidatura di Di Pangrazio ad Avezzano, propedeutica all’accordo generale su tutte le candidature abruzzesi, compensato, poi, con una delega para-assessorile a Giorgio D’Ignazio. A confermare, più di ogni altro rumors, l'avviato percorso di dismissione del Brucchi bis c'è l'intervista rilasciata proprio da Tancredi ad un quotidiano in edicola oggi. In politica non c'è niente di più confirmatorio di una negazione, e la veemenza con la quale Paolo Tancredi sbandiera un "congelamento" dei rapporti con Dodo, è ben più eloquente di una conferma del patto. Specie quando il parlamentare del Ncd ammette che "Non respingiamo alcun confronto su ipotesi di maggioranza con D'Alfonso"... e agli occhi del malfidato cronista di provincia, questa suona come l'unica verità politica di uno sfogo nel quale, ovviamente, si cerca di prendere le distanze da un concorso di colpa nella caduta di Brucchi. Del resto, anche Pietro disse che mai avrebbe negato l'amicizia con Gesù...poi il gallo cantó. Senza scomodare Bibbia e Vangeli, ancora aleggia in rete il tweet di Renzi col quale garantiva fiducia a Letta, ricordate? #lettastaitranquillo, e intanto oliava la ghigliottina. Bene, nello sfogo tancrediano a cena dragonarese ormai digerita, non è difficile leggere il #brucchistaitranquillo che serve, in queste ore, soprattutto a tranquillizzare quel Paolo Gatti che, sulla fine di Brucchi, vuole dettare i tempi, minacciando di ridiscutere alleanze un po' ovunque e future collaborazioni. Tancredi sa bene che, per mantenere il suo elettorato, deve poter apparire come carnefice incolpevole, addebitando magari ad altri scenari le scelte su Brucchi. Così Gatti, che non sopporta Dodo, non potrà ceare tensioni, prima che tutto sia ormai definito.  Purtroppo per Gatti, (che prima o poi dovrà intuire di essere ancora iscritto ad un partito - Forza Italia - che probabilmente non avrà mai più la forza di portarlo in Parlamento, mentre Tancredi resta nelle fila di quel  prezzemolesco Ncd, che assomiglia sempre di più all'Udc casiniano buono un po' per ogni stagione) quella teramana è una partita minima, nel gioco delle alleanze. Che è un gioco che si fa a Roma, dove l'intervista di Tancredi, pubblicata  sulle pagine provinciali di un giornale locale, è solo un rumore impercettibile. Molto meno di altri "rumori". In quella cena di Dragonara, infatti, non si è parlato solo del prossimo sindaco di Avezzano, ma anche dal candidato teramano del Centrosinistra, ovvero proprio quel Dodo Di Sabatino che avrebbe dalla sua non solo le civiche dei delusi dal Centrodestra brucchiano, ma anche l’Ncd di Tancredi e il Pd di D’Alfonso, che accettando l’invito a Dragonara ha, di fatto, cancellato per sempre ogni velleità candidatoria di Giovanni Cavallari, l’ex capogruppo pd al Comune di Teramo, che piace tanto a Sandro Mariani. Per evitare equivoci, a Dragonara… Mariani non l’hanno neanche invitato. Perché lui, si sa, preferisce il pesce. Gamberoni, con Paolo Gatti. Ma tanto, anche la cena del "patto del gamberone"...come quella di Dragonara..non c'è mai stata, no?